Oggi sono 40 anni miei, e 6 di questo blog.
Auguri a noi!
Disclaimer: non sono elettrizzata come al solito, per questo compleanno tondo tondo.
Non so se sia per quello zero che chiude una parentesi ma non svela niente di quello che sarà, da domani in poi.
Forse è solo che dormo poco e corro troppo, più con i tacchi che con le scarpe da ginnastica.
È che ho sempre vissuto il compleanno come qualcosa di fighissimo: festa, regali, torta e candeline. E anche un pizzico di revisione, per vedere se sto diventando grande.
E però quest’anno c’è un po’ di tristezza, la trovate verso la fine.
UN ANNO IN PIU’ E UN ANNO IN MENO
Ogni 2 marzo è un anno in più e un anno in meno.
A seconda che io guardi indietro o avanti.
Faccio il possibile per poter guardare indietro con serenità e benevolenza, e avanti con curiosità, entusiasmo e meraviglia.
Scegliendo, osando, esplorando; degustando ogni sorso e assaporando anche la fatica.
Mi hanno detto
“È il primo anno del resto della nostra vita, Zantedeschi!”
Suona bene.
Gli ultimi 12 mesi sono stati densi e dolci, come la crema pasticcera; con qualche grumo, di quelli che si formano quando non mescoli bene all’inizio.
Forse io all’inizio non ho mescolato come si deve.
Ma i grumi sono come i famosi nodi: c’è sempre un pettine da qualche parte. O le fruste elettrice.
E sono felice di aver frantumato un po’ di grumi, liberando sentimenti e paure: ho fatto spazio.
Senza riempirlo.
MEGLIO ADESSO DI PRIMA
A 40’anni mi sento più figlia che a 20, e questa è la più grande conquista.
Mi sento più libera che adulta, più determinata che smaniosa.
Ho fatto pace con il mio corpo e me ne sto prendendo un po’ cura.
Ho fatto pace anche con la rabbia e la sto tirando fuori: sono incazzosa. E incazzosa è meglio che nervosa.
Ho scoperto il sushi da asporto: love.
Amo anche i tortelloni del buon Giovanni quando ho poco tempo.
Sono una madre ogni giorno un po’ mejo, senza esagerare con la mammitudine.
Una compagna complicata, ma generosa.
Corro senza misurare niente. A volte mi accontento di camminare, altre ancora me ne resto a letto.
Sono femmina, ho fatto pace anche con questo: una femmina capace di relazionarsi come un uomo e di diventare incomprensibile come una donna.
Ho voglia di un krapfen.
Faccio meno la figa e chiedo di più. A volte dò anche retta a quello che mi dicono.
Cerco il cambiamento, ma cambiare per il gusto di cambiare non mi basta più.
Esigente solo se ne vale la pena.
Grata per partito preso.
Le persone, l’ho capito, sono il dono più prezioso che la vita mi manda.
Ma quel che pensano gli altri, non è più motivo di cruccio.
CERTE COSE NON CAMBIANO… SEMMAI PEGGIORANO
A 40’anni non riesco ad andare a dormire se la cucina non è perfettamente in ordine e a uscire di casa se il letto non è rifatto.
La pizza fina non sarà mai vera pizza per me.
Frollini e sfogliatine nello stesso contenitore si inquinano a vicenda e si ammosciano: se vi piacciono le cose mosce fatelo!
I vetri non ho ancora capito come si puliscono senza lasciare aloni, l’età che avanza non aiuta.
Faccio sempre troppi compromessi.
Faccio anche troppe gaffe, quelle che quando sei grande dovresti saper evitare, e invece è come con gli aloni.
Deludere chi amo è lo spettro che non smette di tenermi sveglia la notte, peggio di Giona.
La colazione salata non la concepisco.
Ma concepisco ancora meno spreco disinvolto di qualsiasi cosa, cibo o opportunità: mi urta come una spina nelle mutande, e più invecchio più vorrei pungere il culo di chi trascura ciò che ha.
L’aperitivo è sempre di più il momento che preferisco della giornata, questo non depone a favore del mio fegato ma l’umore ne guadagna.
Voglio sempre tutto e subito. E se aspetto è solo perché quel tutto lo voglio tanto.
Comunque aspettare mi sta in culo come quando ero bambina.
Cerco di rallentare, ma mettiamocela via: non mi piaceva stare ferma a 15 anni e non mi piace a 40. Vediamo a 50, come va.
40’ANNI DI NONNITUDINE
Stamattina vado in ospedale, che i miei nonni, quella del “nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia” l’hanno presa proprio alla lettera e in ospedale, uno senza l’altra, non ci vogliono stare.
Peccato solo che siano in reparti diversi, ma la Vittoria manda dei dispacci all’Armando: tra un po’ ci saranno infermieri come piccioni viaggiatori, con i messaggi annodati alle siringhe.
Pare romantico ma in realtà si chiama insufficienza renale da una parte e cellule tumorali dall’altra: 91 e 87 anni, autonomi fino a un mese fa.
Vado a trovarli perché i 40’anni miei sono un anniversario anche per loro, che senza chiedere il permesso a nessuno, hanno deciso che da soli non ce la fanno più.
Ma forse il permesso non è stato chiesto nemmeno a loro, e mi viene il magone quando lui dice che vuole tornare a casa, a spalare la neve. Che non è demenza senile, ma la lucida espressione di una consapevolezza troppo difficile da accettare.
È che io -egoista- non voglio smettere di essere una nipote, anche se ho 40’anni.
Questo è un grumo di tristezza dentro la crema, e non lo posso frantumare.
ps oggi vado anche a pranzo dalla Luisa, ma preparo io, che per lei sono 40’anni di maternità. Oggi, che è soprattutto una figlia al cospetto dei genitori malati, resta pur sempre una mamma con i controfiocchi, perchè io sono più simpatica come nipote che come figlia.
6 ANNI DI BLOG
Già 6 anni, e scrivere mi piace quasi più che cucinare.
Questo spazio, anche se ci bazzico poco, resta tra quelli che sento più miei: caldo e benevolo.
Ci sto comoda, ci torno volentieri, mi accoccolo come sotto al piumone quando fuori nevica.
Ma è così perché ci siete anche voi, grazie 🙂
Scrivo meno, troppo poco: non è solo che ho meno tempo, è che sono alla ricerca di parole nuove e modi diversi di raccontare una vita che muta, che è la mia, e non capisco come possa interessarvi ma mi piace raccontarla, e condividere immagini che spero sempre non siano solo mie. Perché in fondo penso che siamo tutti un po’ simili nella nostra unicità: stesse pippe, timori simili, desideri analoghi.
E QUINDI A 40’ANNI…
Credo nella psicosomatica: se dormi quando hai la febbre guarisci prima.
Le macchine con l’alettone sono brutte brutte.
Il caffè lo prendo lungo, e amaro.
Ho voglia di disubbidire.
Ho bisogno di dormire.
Controllo meno.
Ascolto di più.
Tollero poco.
Rido molto.
Piango.
Scrivo.
Amo.
E ho capito che non è l’età, ma il confronto con persone speciali a farci diventare grandi, e un po’ felici.
UNA TORTA DELLA NONNA SPECIALE
Per la frolla potete usare questa.
La crema pasticcera è qui (fidatevi: nessun grumo), io aggiungo sempre anche la buccia di un limone allo zucchero.
E adesso, il colpo di genio: al posto dei pinoli mettete sulla superficie del dolce pistacchi spezzettati, metteteli in cottura. Quelli che mangiavate a Natale insieme ai bagigi, per intenderci.
La sapidità del pistacchio sulla dolcezza della crema è una libidine: se non provate non potete capire.
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