Quando sono nata io -caspita che incipit da vecchia- comunque sia, quando sono nata io, ai padri non era concesso di entrare in sala parto.
Anche mia sorella Lidia è vecchia, mio papà non fu ammesso nemmeno con lei.
Arianna invece, è giovane: ai suoi tempi i padri potevano dare il loro sostegno alla moglie sofferente e farsi carico di insulti e urla, com’è giusto che sia.
Mio padre non assistette nemmeno alla nascita di Arianna però.
Attese fuori.
Come le due volte precedenti.
“È che non volevo fare preferenze!” questa è tutt’ora la sua spiegazione.
E io gli credo.
Cioè, mio padre non è uno che si impressiona alla vista del sangue o degli aghi, ma su certe cose è un pelo rigido.
Lui davvero non voleva fare differenze: tutte e 3 uguali, stessi doveri e stessi diritti, privilegi non pervenuti, nemmeno di usati, come i vestiti che ti arrivano dal cugino più grande.
E quindi non entrò, duro e puro Valter (con la V semplice, non è un errore).
Credo non si aspettasse, a distanza di anni, di essere rimproverato dalle sue stesse figlie per questa sua scelta che, diciamocelo, è pura quanto incomprensibile.
Questo preambolo per dire che…
Giona oggi compie un anno.
Francesco un anno fa era presente finchè supplicavo i medici di tagliarmi e tirarlo fuori.
Non è questo il punto.
È che io, come mio padre, ho quell’autistico rigore per il quale ciò che vale per uno, tendenzialmente vale anche per l’altro.
E quindi il post di oggi è tutto per lui, come lo fu questo, per il primo anno di Ettore.
Mese 0
Volevo una femmina
Giona nacque dopo molte ore di sofferenza, e dolore, e patimento, e sudore, e urla, e lacrime, e spinte, e anestesia, e spasimi, e contrazioni, e supplizio, e disperazione… e che palle sto travaglio (chi coglie questa citazione rielaborata vince una colazione da Bulgarini a Thiene, per gli altri vedere qui, dal minuto 4.50 circa).
Comunque alla fine nacque, e fu maschio.
Cazzo, io volevo una femmina.
Ma il reso in questi casi non funziona, e maschio sia.
Moro come la mamma, peloso… mah.
Mese 1
A spasso
La primavera del 2017 è stata soleggia come poche. Io e il popo abbiamo passeggiato tantissimo. 10 giorni con le calze anti trombo -in tutti i sensi che vi vengono in mente- e passeggiate kilometriche non erano un’abbinata intelligente, ma ero pur sempre io: quando è ora di fare movimento non mi affido solo all’intelletto. Lui mangiava, espletava funzioni intestinali in modo svizzero, dormiva. Meno del fratello a dire il vero, ed è lì che avrei dovuto intuire la fregatura. Ma ero ancora una madre accecata dall’amore e stordita dall’epidurale.
Mese 2
In west
L’avvicinarsi dell’estate chiama falesie, magnesio, scarpette… e quindi anche Westfalia. Ettore provò l’ebrezza del furgone a una settimana di vita, Giona al secondo mese. Che dire? Quest’anno stiamo valutando le vacanze in una struttura dotata di mura, bagno, letti e qualcuno che cucina per me. Battute a parte, non potrei rinunciare al West e anche il moro andava battezzato alla vita skyantos: non ha fatto una piega.
Mese 3
Fratellanza.
Non subito, ma dopo un po’ sono iniziati anche i primi scambi tra i due minorenni della famiglia. Ettore ormai aveva capito: non lo avremmo più dato indietro! Cercava Giona, e con fraterno entusiasmo, a volte mi chiedeva di poterlo cambiare, che equivaleva a tentare di ucciderlo, ma l’intenzione era amorevole. Ogni tanto sbuffava e lo rimproverava: “Gio-na-a, smettila di piangere!” E Gio-na-a ricominciava più forte.
La Fascia.
Ettore c’è cresciuto dentro. Giona no. Non chiedetemi perché, io l’ho sempre adorata ma a questo salsicciotto pieno di pieghe l’idea di essere un baco da seta non ha mai fatto impazzire.
Mese 4
La fame
Due cose riescono bene a Giona, una è mangiare (l’altra non è dormire).
Il bibe è arrivato presto per lui. Non perché le mie tette non funzionassero a dovere: la produzione era più che sufficiente e la cucina sempre aperta.
No, è stato soprattutto per necessità di staccarmi da lui qualche ora, per lavoro.
Per questo motivo l’ho iniziato al biberon con un po’ di anticipo, prima di lasciarlo da solo con i nonni, in modo da abituarlo a un ristorante diverso, meno casalingo.
Come si evince dall’immagine, la cosa lo ha davvero sconvolto.
Il Mare
Del mese 4 vorrei ricordare con orgoglio anche i 4 giorni di mare passati in compagnia di Elisa Rossa e dei suoi due pargoli, di 3 e 0 anni.
Campeggio, west per me e maggiolina per lei. Due eroine che aspettavano con ansia l’aperitivo e la baby dance e bimbi felici.
Mese 5
Ma dove sono capitato?
A un certo punto anche Giona ha capito che, nella nostra famiglia, il concetto di relax è molto relativo.
Faceva caldo e noi si partiva per le marce, con il carretto.
E come se non bastasse la mamma spingeva sto passeggino correndo.
Credo che qui abbia iniziato a maturare l’idea della sua vendetta: tutti i denti fuori entro i 14 mesi, tié!
Mese 6
Le ferie e gli omogenizzati
Le ferie in west, ça va sans dire; Austria dopo aver tentato altri lidi. Tutto sommato bene, a Giona bastava mangiare e avere il regal deretano pulito per godersi la villeggiatura. È qui che gli omogenizzati hanno iniziato a entrare nella nostra cambusa. Non era mai successo prima (alla faccia della parità tra i due figli). Ma se c’è una cosa che mi ha portato in dono Giona è una luccicante voglia di semplificazione e di comodità.
Mese 7
Il Freelancecamp
Sempre con l’irriducibile Elisa Rossa ma in versione meno rock and roll -abbiamo dormito in un residence-, Giona ha sperimentato, la bellezza del network e in due giorni di convegno è stato in braccio a un numero di persone non ben calcolato. Ogni tanto, lo ammetto, non sapevo dove fosse. Eppure ero certa che si trovasse in buone mani: mani di avvocati, copywriter, programmatori web, foodwriter, consulenti… È stato bene al Freelancecamp Giona. Ma non ci verrà più, almeno fino a che non sarà anche lui un libero professionista: da quest’anno la mamma torna a Marina Romea in versione free, very free.
Mese 8
La costicina
Della fame di Giona ho già detto qualcosa? Le mie tette sono state abbandonate già dopo le ferie (non riempirò mai più la coppa di un reggiseno, questa è la vera tragedia). Il ragazzo a tavola non ha rifiutato mai niente e farlo mangiare è l’ultimo dei problemi. Trovare pannolini che tengano botta alla sua produzione intestinale invece è un altro paio di maniche. E non ditemi che i Pampers sono imbattibili, Giona ha battuto anche loro.
Mese 9
La casa nuova
Alla venerenda età di 9 mesi Giona fa il suo primo trasloco. Io non ho ancora capito se la cosa lo ha sconvolto o meno: non dormiva prima e non dorme adesso; mangiava prima e mangia adesso; cagava fino alle orecchie prima e adesso pure. Qui però ha trovato uno spazio più libero dove muoversi e nuovi mezzi di locomozione.
Mese 10
Culo pesante
Giona ha iniziato a muoversi strisciando. Tipo passo del leopardo, quello dei militari. Ci provava a mettersi sulle ginocchia, ma c’aveva la chiappa pesante. Poi, d’improvviso, ce lo siamo visti zompettare per la sala stile quadrupede e gli abbiamo fatto la ola. Da alzarsi sulle ginocchia a salire le scale il passo è stato breve, la discesa in retroculo invece non l’ha ancora imparata.
Mese 11
Arlecchino è una maschera
No dico, ma quanto bello è?
Almeno quanto testardo. Testardo e diffidente.
Le maestre del nido hanno usato un termine parlando di lui: “il ragazzo ha cren!” hanno detto. Il cren è una salsa che si fa con il rafano e vi assicuro che il sapore è deciso: è acido e piccante allo stesso tempo. Giona ha cren. Dietro quei ricci e quegli occhioni si cela un carattere che cerca la sfida e che ha ben chiaro ciò che vuole.
Mese 12
Un anno e sentirlo tutto
Un anno di Giona e un anno di noi.
Con fatica, una fatica che non pensavo.
Con gioia, una gioia che non credevo.
Con i ricci, ricci che ogni tanto mi diverto a scompigliare con il phoon.
Ma Giona ha davvero i ricci e due guance da mordere, delle cosce cicciosissime, un culetto sodo, due occhi di un colore ancora indefinito, un carattere pungente e senza vie di mezzo, poca voglia di dormire e un ciglio spesso corruciato. E lo so che mi denuncerà per questa foto ma se continua a non dormire, un giorno mi vendicherò mostrandola anche alle sue morose.
MERINGHE DI GIONA
Al festeggiato piacciono le meringhe, a dire il vero anche le banane, il polpo con le patate, il risotto, il cotechino, i carciofi…
Ma quando si parla di dolci il suo debole sono queste nuvolette di albume e zucchero che lasciano a lui due mani appiccicose e a me un pavimento lurido.
Quindi io, che ho tendenze autolesioniste, le preparo. E sì, vanno via in fretta.
Uso questa ricetta e funziona alla grande.
Provare per credere (questa foto è di stamattina: in mano/bocca una meringa e sotto il sede il triciclo nuovo).
Inciso: non si può pensare che non ci siano differenze tra i figli, nemmeno loro sono uguali e ti sfidano ognuno a modo proprio, ti amano a modo proprio, ti fanno incazzare a modo proprio, ti fanno ridere a modo proprio. È così.
E per chiudere:
tanti, tanti, tanti auguri a tutte le donne da lui.
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