È un dato di fatto: Ettore è il mio più fidato compagno di scorribande montane e di esplorazioni (eno)gastronomiche.
Viene in quota con la sottoscritta da quando aveva 14 giorni, a 8 mesi ha partecipato alla sua prima fiera di vino naturale ed è normale per lui passare dalle coccole della nonna al saccoapelo in westfalia.
E oggi i risultati si vedono…
Lui non sa mai cosa lo aspetta, noi si parte e si va.
Lui non conosce la meta, il dislivello, il grado, il numero di portate… ma ha imparato a stare al passo, ha imparato ad assaggiare quello che mangia la mamma e a intingere il dito dentro al bicchiere, ha imparato ad arrampicottare aggrappandosi alle radici e ha imparato che in rifugio ci aspettano sempre radler e minetrone, o un bel panino (ma la radler sempre).
E quindi non fa troppe domande, si aggrega (non che abbia scelta, questo è chiaro).
Io #primadiEttore invece arrampicavo (cordata berti-zante sempre in movimento), facevo un po’ di alpinismo classico, mi divertivo a sfidare la forza di gravità con gli skialp e ogni tanto mi appendevo con le picche a qualche cascata ghiacciata.
#primadiEttore la meta era la vetta.
#primadiEttore lo zaino conteneva corde, moschettoni e rinvii.
#primadiEttore si partiva il venerdì sera avendo scelto minimo due vie da salire.
#primadiEttore sembro proprio una gran figa delle crode… be’, ve lo lascio credere.
Oggi invece, che ormai sono due anni dall’arrivo del biondino, sto metabolizzando sta roba che devo tornare (almeno per il momento) al mio primo amore: l’escursionismo.
Io preferisco chiamarlo esplorazione.
Esplorazione montana in primis, ma non solo… è questo il valore aggiunto che porta Ettore: che con lui sto allargando gli orizzonti.
#azonzoconEttore quindi è il mio nuovo hashtag: a rifugi, a città, a cantine, a laghi, a pasticcerie… ecco, magari al mare ci vedrete raramente, ma non si sa mai.
#azonzoconEttore, con lo stesso sorriso di quando arrampicavo.
Perchè poi l’importante è starci in montagna, che non c’è posto al mondo dove sto bene come in dolomiti.
Appena posso l’imbrago lo rimetto ehhh, mi lego al mio biondo grande, quello con meno capelli ma con più muscoli, e la cordata torna a macinare lunghezze di corda, con lo stesso entusiasmo, o forse di più.
Appena posso significa ogni tanto, raramente, perchè di norma preferisco passare il weekend col popo, esplorando i sentieri vicino alle vette che scala il papà.
Oppure scegliendo città, ristoranti, sperimentando cose buone da mangiare e belle da vivere.
Perchè farlo in compagnia di un curioso e di un goloso come Ettore è davvero divertente, (lo è meno fermare tutti i cani -e relativi padroni- per accarezzarli, ma a lui piace così).
Sto sperimentando un modo nuovo per conciliare il mio al suo passo.
Sto trovando un buon equilibrio tra la mia voglia di correre e di vivere fisicamente i fine settimana (che a star sul divano io proprio non ce la fo) e il suo bisogno di giocare.
E ho pensato che magari potrei ogni tanto raccontarvi sta cosa, di dove andiamo e di cosa ci potreste trovare anche voi, se deciderete di imitarci.
Non suggerisco itinerari per bambini, questo vorrei che fosse chiaro e cristallino, anzi se serve lo scrivo pure in maiuscolo: NON È UNA RUBRICA PER MAMME ALLA RICERCA DI PARCHI GIOCHI.
Nemmeno voglio che ci scambiate per i “trippa-divisor” (come dice mia mamma) de noantri.
Questi che vi segnalo sono posti che, a prescindere da tutto e da tutti, a nostro avviso (mio e di Ettore) meritano una visita, un assaggio, una degustazione, una sbirciatina…
E sì, più in quota che in pianura, che la par condicio non fa per me, con qualche ricetta allegata, ma a volte no… a volte saranno post brevi e direttivi, tipo: andate lì che si sta bene!
E già vi anticipo che tra non molto io e il biondino saremo in spedizione in Carnia e il progetto ambizioso è quello di raccontarvi le nostre avventure ogni giorno, un post al dì…
Che ne dite, ci seguirete?
Ma veniamo a oggi, che vi parlo di un posto speciale.
Perchè lo scorso fine settimana siamo stati là dove mi sono innamorata della montagna.
Avevo 14 anni e a quei tempi essere scout significava scarpinare alla grande, consumare scarponi e muscoli, torturare le spalle con zaini inutilmente pesanti e, naturalmente, fare le Bocchette!
Ahhhh l’alta via delle Bocchette, uno dei sentieri attrezzati più belli di tutte le dolomiti, all’interno del Gruppo del Brenta.
Io lì mi innamorai.
Letteralmente.
Perdutamente.
Inevitabilmente.
(AnnaMaria Anelli e il Sarasso mi perdoneranno tutti questi avverbi ma era per rendere l’idea).
Il momento magico è quando, senza preavviso, ti si para davanti il Campanil Basso: ecco l’indimenticabile scintilla, il punto di non ritorno.
Lì, tra tutti i rifugi, ce n’è uno che amo tanto: il Rifugio Brentei.
Il rifugio del Bruno.
Bruno Detassis, il custode del Brenta.
Il Bruno che il campanile l’ha salito più di 80 volte.
Il Bruno che arrampicava con gli scarponi sul sesto grado.
Il Bruno dell’alpinismo eroico e romantico.
Il Bruno, compagno di Ettore Castiglioni (e sì, Ettore si chiama così anche in onore dell’arrampicatore).
Il Bruno che forse non era il più forte ma per me era il migliore.
Lui gestiva il Brentei, questo rifugio bellissimo che si raggiunge a piedi in due ore e mezza, senza grandi fatiche se non quella di abbracciare tutto il panorama con lo sguardo e di non perdere la testa davanti a tanta bellezza.
Si lascia l’auto al Vallesinella (da Madonna di Campiglio) e poi sù.
Io il Bruno lo devo aver incrociato 20 anni fa, ma mannaggia a me, non lo sapevo chi fosse.
Che ancora dell’arrampicata non avevo alcuna cognizione, ero una quattordicenne (sì, ok, più di 20 anni fa) che si divertiva ad appendersi imbragata ai pioli delle scalette e sgambettava chiaccherando così tanto che la gente si domandava dove lo tenessi tutto quel fiato per camminare e contemporaneamente cicalare senza sosta.
Io lui l’ho incrociato vivo, ma me ne sono innamorata quando è morto, nel 2008.
Quando non mi è rimasto che leggere la sua biografia, dove la barba lunga è quella di un uomo gentile e umile ma anche quella di uno scalatore tenace, capace e coraggioso.
Una barba che ama la montagna prima che l’arrampicata.
E dentro la sua montagna lui ha scelto di viverci, al Brentei appunto, vicino al suo Campanile.
Oggi il rifugio non è più in gestione ai Detassis.
Non conosco i gestori attuali, però domenica abbiamo trovato grande cortesia, simpatia, disponibilità e un minestrone ottimo (Ettore ha fatto scarpetta, non dico altro).
La Radler buona, secondo me la fanno con la LemonSoda, ma glie lo perdoniamo.
Mi è rimasta la voglia di strudel… tocca tornare!
Perchè adesso che anche Fra si è innamorato, che vabbè, la strada è lunga ma le crode ripagano, adesso si ritornerà, presto.
Così poi vi racconto anche dell’Alimonta. 😉
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