Non so se sia una cosa tutta femminile ma c’ho il dubbio di sì.
Sta cosa di arrivare quasi in ginocchio al venerdì sera, dopo una settimana parecchio tosta: rientrare in casa sfatta, spettinata, arrossata, con l’alluce valgo infiammato e far la conta di tutto quello che non hai (ancora) fatto.
Lancio gli stivaletti in qualche angolo della casa (non è vero, li metto al loro posto!), mi infilo ciò che di più comodo raccatto dal servomuto (questo è vero), accendo la stufa.
Ho 20 minuti prima che arrivi Ettore, inizio immediatamente a preparare la cena: non posso perdere il vantaggio acquisito.
E intanto penso.
Penso a tutte le cose che non sono riuscita a smaltire: una lunga lista di inevasi, in gergo aziendale.
Stirare, scrivere un post su Ratatouille, impastare, lavorare sul mio progetto di consulenza, pulire il bagno, smaltire tutte le mail, stendere un’inserzione, prepararmi per il corso che terrò a novembre, rinfrescare la pasta madre, leggere almeno 5/6 post interessanti…
E mi chiedo: cosa riuscirò a fare prima di andare a letto?
Controllo i tempi: mangeremo tra le 20:30 e le 21, Ettore andrà a letto verso le 21:45, mi resteranno sì e no un paio d’ore prima di crollare… come le uso? a cosa do la precedenza?
Come si calcolano le priorità il venerdì sera di una settimana che si è bevuta tutte le mie energie?
E la domanda subito dopo è: perchè solo noi? Perchè solo noi donne?
Che cazzo è successo quella volta che hanno tolto una costola ad Adamo per creare Eva? Secondo me qualcosa non ha funzionato: o hanno preso una costola difettosa o c’è stato un crash nel sistema, un black out, un errore di connessione di cui paghiamo ancora le spese.
Ma se per questo secondo quesito la risposta si cela nel file criptati dell’Altissimo, sul primo interrogativo io mi sono data una regola.
Concreta, assertiva, fattiva, unica e senza compromessi.
Prima il piacere, poi il dovere.
È per questo che ora sto scrivendo questo post.
Magari non lo finirò, lo terminerò domani… o domenica.
Però io questa sera, in questo venerdì di stanchezza e soddisfazione, di ansia da prestazione e di relax, di dovrei ma non vorrei, mi dedico a una cosa che mi piace.
Il piacere è la bussola quando un senso del dovere con i paraocchi vorrebbe prendere il timone del mio “tempo libero” (concetto abbastanza indefinito per i freelance ma è pur sempre venerdì sera).
Il piacere, inserito come lo speck dentro una puccia tagliata a metà è ciò che mi fa tener botta, anzi, che tiene alti i giri del motore durante tutta la settimana.
Piccole dosi, ben calibrate e sapientemente distribuite.
Perchè lo so bene: non si può mica fare sempre e solo ciò che piace (e il fatto che io ami il mio lavoro, non elimina il fatto che sia pur sempre un modo per portare a casa la pagnotta: bello ma necessario).
Invece quando scrivo, quando impasto, quando corro, o quando decido che la colazione la faccio in ufficio, per godere un po’ di sacra e meravigliosa solitudine, leggendo quello che durante il giorno poi non avrò più tempo di leggere, ecco, quando farcisco le mie giornate di questi momenti io mi sento decisamente meglio.
Più che se avessi evaso la lista delle cose da fare anche per la settimana successiva.
In quel caso certo, la mia coscienza sarebbe appagata: satolla di tutta l’energia (la mia) che è riuscita a ingoiarsi.
È una scelta!
C’è a chi piace così.
E a fine giornata crolla a letto, annientata da una to-do list cronicamente alimentata da quel cazzone del senso di colpa (che non ha niente a che fare con il senso di responsabilità).
Non è il mio caso, a chi mi chiama wonderwoman io rispondo con tanta sincerità che non è vero: faccio abbastanza cose, niente in modo perfetto, alcune le procrastino fino all’orlo della scadenza e tante altre semplicemente le tralascio -pace all’anima loro- per dedicarmi a qualcosa che mi piace e che nutre non tanto il mio senso del dovere ma il mio amore per la vita.
La mia.
E così succede che (magia) io mi senta più determinata, più caparbia, più efficace e motivata ad affrontare il resto con grinta, e col sorriso di chi:
- in quanto femmina, avrà sempre l’impressione di non fare abbastanza,
- in quanto femmina che ne ha due palle delle to-do list, è ben consapevole che procrastinare sarà anche un male ma farcire i doveri con appetitose fette di piacere è l’unica possibilità per mandar giù anche la crosta del pane.
(Sì, le metafore con il cibo sono quelle che mi vengono meglio!)
Sto imparando (forse) a lasciar correre (qualcosa).
Mi accorgo che il cielo si regge solo (ma guarda un po’): posso abbassare le braccia e lasciar correre le dita sui tasti questa sera.
Perchè è venerdì.
Perchè sono stanca.
Perchè i limiti sono il punto di partenza delle risorse.
Perchè mi piace.
A te cosa piace fare? Quanto sei disposta a inframezzare la lista dei “devo” con le fette di “mi piace”?
Io questa settimana sono riuscita pure a sperimentare i cantucci friabili che Alice ha portato alla cena di team.
Ok, ok, non è la ricetta originale dei biscottini di prato, ma in fondo nemmeno la mia, che ho pubblicato qui, lo è.
In quella c’è il lievito (che non andrebbe), in questa c’è il burro (che non andrebbe).
Però entrambi piacciono parecchio e questo è un post sul piacere, mica sul rigore scientifico.
Ve lo giuro: sono davvero squisiti, delicati, sfiziosi, quasi scioglievoli.
Provateli.
Cantucci friabili di Alice
Ingredienti (rispetto alla sua ricetta ho fatto qualche piccola modifica per rendere più lavorabile l’impasto)
300 gr farina 0 o 00 (oppure 200 farina di farro e 100 00)
90 gr burro ammorbidito
160 gr zucchero
vaniglia
110 gr mandorle non tostate e spezzettate grossolanamente
2 uovo intero
Come si fa…
- Scalda il forno a 180°.
- ammalgama bene burro e zucchero,
- aggiungi l’uovo, la vaniglia e la farina,
- da ultime inserisci le mandorle e inglobale alla massa.
- Otterrai un impasto difficile da lavorare con le mani (io ho usato la planetaria con la frusta K, in alternativa consiglio le fruste elettriche).
- Su un piano ben infarinato e aiutandoti con un tarocco dividi l’impasto in tre parti.
- Infarinati bene le mani e forma tre filoni, poggiali sulla placca del forno coperta di carta forno e appiattiscili con le mani.
- Cuoci 20 minuti (ventilato).
- Togli dal forno e fai raffrettade 5 minuti, poi taglia i biscotti e rimettili in forno capovolti.
- Cuoci altri 10-15 minuti a 160° (controlla, devono iniziare a dorarsi).
Assaggia e poi fammi sapere che ne pensi. Ti piace?? 😉
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