WARNING
Questo è un post romantico e sbrodoloso, così dolce da cariarvi i denti.
Un post giallo entusiasmo e rosso passione, un post pieno di farfalle nella pancia e povero di neuroni, quelli che servono per sistemare la punteggiatura, e basta.
Insomma, avete capito: c’è tanto amore in me dopo due giorni a Marina Romea.
È un dato di fatto: io tengo la noia facile.
Tengo le tette piccole, l’entusiasmo trasbordante, la gaffe sempre in tasca e la noia facile.
È che la costanza non mi appartiene. È così… statica.
Solo la corsa è riuscita ad avere la mia fedeltà assoluta da 20’anni a questa parte.
La corsa e il Freelacecamp: ci amiamo da 6 anni io e il Freelancecamp, cioè da sempre.
Si è chiusa due giorni fa la sesta edizione (settima se contiamo anche quella di Roma dello scorso maggio).
A Roma non ho potuto, ma a Marina Romea non manco mai.
E così anche quest’anno ero lì.
A sei anni dal primo anno.
Come tutti gli anni.
Giona-munita, con uno speech che parlava di vendita, un’amica che desideravo coinvolgere da anni, una stanza prenotata in residence (niente furgone, esatto), la determinazione di non perdere nemmeno un intervento e tanta voglia di vedere persone a cui sono legata da un’amicizia che è forte quanto atipica.
Dopo 6 anni posso serenamente dire che quello che mi porto a casa da queste due giornate è fatto più di amicizie che si consolidano e relazioni che nascono, che da contenuti prettamente professionali (che non mancano mai, va detto).
Mi porto a casa benzina, sorrisi, idee, affetto, energia, libri, motivazione, commozione, papille gustative ebbre, incertezze, certezze, dubbi, risposte, matite colorate, emozioni, paure, sabbia tra le dita, affetto e propositi.
Tanta roba.
I primi anni tornavo con la voglia di convincere tutti a venirci l’anno dopo: ero convinta che una cosa così bella, utile e viva non potesse mancare nell’esperienza di nessuno.
Cioè dai, come puoi pensare di lavorare bene se non vieni a Marina Romea ad ascoltare gente così in gamba e generosa da mettere a disposizione saperi, competenze, trucchi, consigli e suggerimenti?
Non puoi, è chiaro!
Col tempo però la mia foga di evangelizzare e fare proseliti si è placata: oggi non mi interessa più convincere chicchessia a partecipare.
Guardatevi lo streaming o i video su youtube.
Lasciate il posto a noi, che da anni ci troviamo ogni anno, e che ogni anno ci incontriamo (quasi) solo qui.
È il nostro pranzo di famiglia allargato, quello di quando rivedi il cugino che non incontri mai e la cognata che nel frattempo si è tinta i capelli di rosso.
È il momento tutto nostro, quello che da virtuali diventiamo reali: diventiamo carne, mani, occhi, baci, abbracci, brindisi, balli, carezze, pezzi di pizza condivisi, patatine spartite e figli ceduti a braccia affettuose e numerose.
Da digitali ad analogici, ogni anno, una volta all’anno, a Marina Romea, per circa 40 ore.
Che sono poche ma sono intense e cariche di vitalità.
Io non lo so cosa renda così speciale questo evento.
Ma so che non è solo perché 6 anni fa mi diede il coraggio di lasciare il posto fisso che torno ogni volta, c’è qualcosa che le parole non possono afferrare.
È la gente!
Né più, né meno.
Bé oddio, anche la cucina del Boccabaranca contribuisce, senza dubbio.
Ma le persone… voi non potete capire.
Professionisti cazzuti (vale anche per le donne), con le stelline negli occhi, competenze affilate e cuori sconfinati.
Ed edizione dopo edizione, mi accorgo che non è per il business che vado al freelancecamp, e nemmeno solo per la formazione.
Io vado al Freelacecamp perché lì, fuori dal mio tubo, ritrovo un pezzo di me dentro le altre persone e perché ossigeno il cuore ancor prima dei neuroni.
E questo effetto qua, io non so mica come spiegarvelo, anzi manco ci provo.
Ma so che molte delle persone che c’erano provano qualcosa di simile.
So che in tanti di chi c’era, in questi giorni stanno faticando a concentrarsi sul lavoro, a esserci con la testa, a rientrare nei ranghi, a togliersi il costume, a non farsi un mojito… stiamo tutti, più o meno di nascosto, a chiaccherare sul gruppo facebook, a rilanciare tweet, a controllare le notifiche, a lanciare richieste di amicizia, a riguardare foto e video, ad aspettare l’Alessandra con le date del 2018… è l’effetto Freelancecamp.
La fase acuta dura ancora qualche giorno, l’effetto benefico ce lo porteremo fino alla prossima edizione.
Quindi davvero, io non voglio convincervi a venire, vedete voi insomma… magari non vi piace neanche.
Perché, se invece vi piace, è certo che vi innamorate.
In ogni caso vi perdereste tanta roba a non guardare i video e le foto: vedeteli!
Chiudo con un ringraziamento
Non sono riuscita a fotografare tutte le persone che mi hanno aiutata a intrattenere Giona in questi due giorni.
C’erano momenti in cui non sapevo dove fosse mio figlio: potevo godermi in piena libertà l’evento certa che lui stava bene.
Ho fatto uno speech senza l’ansia di doverlo addormentare prima.
Insomma grazie! Col cuore.
Perché faccio tanta fatica a chiedere aiuto e ho sempre il timore di disturbare, ma quest’anno ho domandato e ho ricevuto ben più di quello che avrei mai immaginato.
E ho sentito un affetto che mi ha riempito il cuore di cioccolata calda.
Ecco, ve l’avevo detto che avrei sbrodolato, ma è così, quest’anno io mi sono portata a casa quintali di affetto e la capacità di accettarlo.
Alla prossima 🙂
Leave A Reply