Faccio da sola, mi arrangio, sono indipendente… frasi che compaiono ogni due per tre nei miei discorsi.
Da sola, da sola, da sola… mantra personale dell’autonomia.
Tentativo illusorio (e un po’ presuntuoso) di non appoggiarmi agli altri e desiderio di dimostrare qualcosa. Un desiderio che viene da lontano e che mi si è appiccicato alle caviglie… troppo, troppo vicino.
Perchè?
Non certo perchè io mi consideri una Wonder Woman dai capelli corti (anche se quella chioma e la sua cinturona era uno dei miei personaggi preferiti da bimba).
È che non mi va di sentirmi di peso, semplice!
E poi è perchè io devo sempre definire con chiarezza il MIO contributo sulle cose che faccio… insomma, che siano chiari i miei meriti.
Come se, l’eventuale supporto di qualcun altro, mettesse in dubbio il valore del mio agito.
Lo so, è un pensiero tortuoso (e poco edificante)… ma la mente che lo ha generato è la mia, e la linearità non è mai stato il mio forte.
È così, anche questa sono io… donna illusa.
Donna presuntuosa.
Donna tutt’altro che indipendente.
Però per un po’ c’ho creduto.
E c’ho anche provato.
Mi ricordo ancora quando ho voluto, da sola e completamente da sola, portare la colazione a letto a mamma e papà.
Era una domenica mattina: presi due tazzine dal servizio bello, la zuccheriera e una bottiglia di Prugna Ciemme nuova di stecca (mio papà la sera metteva sempre la Prugna nel caffè, che ne sapevo io che la mattina non usava la correzione?). Il vassoio pesava più della seienne che lo sosteneva e solo un minuscolo, impercettibile gradino tra il pavimento e il parquet della camera dei miei genitori si frappose tra me e il titolo figlia dell’anno.
Maledetto, invisibile gradino.
Da sola, completamente da sola rovesciai tutto a terra: caffè, tazzine, zucchero… sulla prugna non spreco dettagli, credo che il legno del parquet profumi ancora di liquore.
Ma io volevo fare da sola.
Fortuna che mia mamma non mi lasciò pulire da sola… sarei ancora lì a strofinare.
La vita quindi aveva tentato già in tempi non sospetti di mettermi in guardia ma si sa, ho una certa resistenza ai segnali della provvidenza e quindi sono cresciuta convinta che il valore di una persona si misuri nella sua capacità di cavarsela. Da sola, appunto.
Che poi non è per forza una cosa cattiva, ehh.
Un po’ di sbranina farebbe bene a tanti, diciamocelo.
Ma anche l’umiltà di chiedere aiuto non è un cattivo insegnamento da apprendere.
Che la forza vera si cela dietro ai limiti… al loro riconoscimento e alla loro accettazione.
Ma soprattutto c’è da capire che insieme è meglio.
Che è più efficace e più divertente… decisamente più divertente.
Che da sola… significa da sola, punto.
Certo, servono le persone giuste.
E la disponibilità a mettere da parte l’individualità, aprendosi alla condivisione, di oneri e onori.
Abbandonando la competizione… che poi di questo si tratta.
E godendosi il piacere… che poi anche di questo si tratta.
Fino a comprendere che le cose belle, le PIU’ belle, non si fanno mai da soli.
Si arrampica in cordata.
Si genera un figlio in coppia.
Si guarda crescere Ettore felice e sano e si ringraziano i nonni per l’aiuto.
Si lavora in un team affiatato composto da persone altamente compatibili, seppur diverse, ed è questo magico incastro a renderci diversi e potenti.
Si mangia più volentieri in compagnia, si fanno progetti in squadra, si percorre la vita con compagni di viaggio…
E arriviamo ai fornelli dove faccio pubblicamente outing: che qui non ho mai gradito inferenze di sorta.
Quando cucino statemi alla larga, non chiedetemi di aiutarmi, non toccate le mie pentole, non iniziate a mescolare cose che non sapete, non spadellate come fa Fra quando vuole farmi incavolare, non statemi con il naso sopra le spalle a guardare, com’era abitudine di mio papà quando preparavo il risotto (che mi viene ancora il nervoso a pensarci).
In cucina da sola per cortesia… relax e concentrazione. A me piace(va) così.
Fino a poco tempo fa, fino a prima delle invasate.
Con loro ho sperimentato che se cucinare è un piacere, farlo in compagnia è libidine.
Anzi di più.
Rinunciare alla montagna o a stare con Ettore nel weekend ha senso se significa passare il sabato in cucina con Elisa e Pina a spignattare, chiarificare, impastare, farcire ecc…
In cucina quindi io non mi arrangio più.
Se posso condivido e chiedo aiuto.
È nata così anche questa ricetta.
Che volevo fare un piatto speciale per il contest di Molino Grassi.
E avevo una farina della linea QB, adattissima a realizzare la pasta… pasta ripiena, ca va sans dire.
Perchè se devi fare una cosa, tanto vale farla bene. E buona soprattutto!
Insomma, sarò breve: ho deciso di coinvolgere Pina in quest’avventura, pensare insieme a una ricetta speciale per omaggiare una farina altrettanto speciale.
La semola Kronos infatti nasce nel deserto dell’Arizona grazie a Albert Carleton che negli anni ’80 inizia a coltivare il grano duro e lo rende perfetto per tutte le paste top quality. Molino Grassi ha saputo adattarlo all’agricoltura italiana coinvolgendo centinaia di agricoltori fino ad ottenere un grano unico per tenacità, sapore e colore. Caratteristiche testate e confermate da me e da Pina: eccezionale davvero.
E come sempre chiedere aiuto è stata la migliore soluzione.
Non solo perchè i ravioli ai ceci e pancetta sono venuti meravigliosi (e l’idea è tutta di Pina, vorrei che questo fosse messo agli atti), non solo perchè insieme abbiamo messo a punto non uno ma ben due condimenti (du gust is meio che uan), non solo perchè abbiamo accompagnato la pasta a una bottiglia di vino bianco marchigiano strepitoso (sì, ce la siamo concessa a fine lavori pappandoci pure i ravioli)… ma perchè ci siamo divertite, abbiamo riso e scherzato, assaporando qualche ora di puro e meraviglioso relax lontane dai pensieri di ogni giorno.
E scusate se è poco.
Quindi grazie Pina, perchè da sola starei ancora cercando la consistenza giusta per il ripieno e gli ingredienti giusti per il sugo, e grazie perchè hai curato quei particolari a cui io non avrei nemmeno lontanamente pensato… la donna è un tantino più precisa di me, che si sappia.
Ecco a voi la ricetta dei ravioli (pare lunga e laboriosa me è solo perchè ve l’abbiamo spiegata bene in ogni passaggio, in realtà è semplice). Seguono le due idee di sugo: una con mazzancolle e capesante al brandy e una con porro, salsiccia e birra. A voi la scelta, ma se volete fare i ganzi provate il bis 🙂
Ravioli di Farina Kronos con ceci e Pancetta
Ingredienti per l’impasto (per 4/6 persone)
200 gr Farina di Grano Duro Kronos Molino Grassi
10 gr Erba cipollina a tacchetti
3 Uova (2 x l’impasto + 1 per la composizione)
3 Cucchiai di acqua tiepida
Per il ripieno
100 gr Ceci secchi (oppure 200 gr di ceci già ammollati)
1 Spicchio d’aglio
1 Bouquet guarnie (salvia, rosmarino, aloro, timo)
Mezzo Pomodoro
1 Scalogno steccato con un chiudo di garofano
1 Cucchiaino di semi di finocchio leggermente pestati
1 Grattata di noce moscata
1 Cucchiaino di curry
3 Grani di pepe nero
40 Pancetta nostrana arrotolata (3 fette sp.2-3 mm)
60 ml Vino bianco secco
Come si fa…
In una ciotola disponete la farina con l’erba cipollina e mescolate; formate la classica fontana e al centro rompeteci le uova con 3 cucchiai di acqua tiepida; sbattete incorporando piano piano la farina, finchè comincerà ad asciugarsi; a questo punto trasferite l’impasto sulla spianatoia e lavoratelo a lungo (10 min. in tutto, a partire dall’inizio!). Formate una pallina e lasciatela riposare sulla spianatoia (NON IN FRIGO E NON COPERTO DA PELLICOLA) coperto con una ciotola inumidita e calda x massimo 15 minuti.
Il ripieno (da fare anche il giorno prima):
Mettete la sera prima i ceci in ammollo; scolateli, sciacquateli e riponeteli in una casseruola insieme a tutti gli aromi e le spezie; bagnate con acqua a filo e portate a bollore con coperchio; poi abbassate al minimo la fiamma e cuocete x 45 minuti. Solo alla fine salate a piacere.
Tagliate a cubettini la pancetta.
Scolate i ceci dal loro brodo (conservatelo) e frullateli con il mnipiner aggiungendo il loro brodo filtrato (potrebbe servire anche tutto) finchè raggiunge la consistenza di una purea bella asciutta.
Tostate la pancetta nella casseruola, sfumate con vino e unite anche la purea di ceci; lasciate asciugare fino a consistenza continuando a mescolare (né troppo asciutta, né troppo bagnata, dev’essere morbida). Fate raffreddare in una ciotola e poi trasferite su una sac à poche (conservate in frigo se l’avete fatto il giorno prima).
Riprendete la pasta e stendetela con l’apposita nonna papera a spessore 2 (partendo da 8, due passate per ciascun livello); disponete su carta forno e coprite in modo che non si secchi.
Ora arriva il bello: spennellate una sfoglia con poco uovo sbattuto; distribuite tante noci di ripieno a distanza di 5 cm circa l’una dall’altra (calcolare la misura con l’apposito coppapasta). Coprite con un’altra sfoglia della stessa misura, spennellata anch’essa di uovo; schiacciate bene intorno al ripieno in modo da togliere le eventuali bolle d’aria con l’aiuto di un coppapasta più piccolo e rotondo; coppate a forma di raviolone (ma si può fare benissimo anche con la rotella: così si avrà meno scarto). Lasciate ad asciugare sopra a della carta forno.
Adesso potete decidere che condimento preparare…
PINA PROPONE: Mazzancolle e capesante flambate al brandy con sale al tartufo (o carpaccio di tartufo)
8 Capesante
16/18 Mazzancolle
100 ml Latte
60 ml Brandy
qb Olio di semi
30 gr Burro
X LA BISQUE (cioè il brodo in cui cuocerete i ravioli):
I carapaci e le teste dei gamberi + il corallo delle capasante
60 ml vino bianco
Mezzo Pomodoro
Mezzo Porro
1 Scalogno steccato
3 Grani di pepe bianco pestato
1 Pepe lungo spezzettato
1 Cucchiaino di semi di finocchio leggermente pestati
1 Bacca di cardamomo
1 Bouquet guarnie (prezzemolo, alloro, timo)
qb Sale grosso da aggiungere solo alla fine a seconda della bisogna
X L’IMPIATTAMENTO:
2 Steli di erba cipollina
1 Pizzico di Sale verde
1 Spolverata pepe bianco
3 gr Carpaccio di tartufo sott’olio oppure sale al tartufo qb
Come si fa…
Pulite le capesante dai filamenti esterni e dalla sabbia in eccesso; privatele del corallo e mettetele a marinare nel latte. Conservare in frigo.
Pulite le mazzancolle dal loro carapace e dall’intestino, tenendone 4 con la testa (1 x piatto).
Con i gusci e le teste fate la Bisque: rosolate a secco i carapaci e i coralli delle capesante, sfumate con il vino, aggiungete gli aromi, le spezie e le verdure e coprite con acqua abbondante; portate a bollore e cuocete a fuoco basso per 45 minuti minimo. Dopodiché filtratelo schiacciando bene le teste e i gusci dei gamberi in modo da estrarne tutto il loro succo. Aggiungete il sale grosso e tenete a leggero sobbollore perchè servirà per cuocerci i ravioli.
Scolate le capesante dal latte; asciugatele bene e tostatele in una padella unta solo con pochissimo olio di semi per massimo 1 minuto flambando con il brandy (cuocete 30 secondi da un lato, poi giratele, flambate e togliete subito).
Tenete da parte le capesante al caldo.
Pulite la padella con carta assorbente eliminando eventuali residui.
Tostate anche le mazzancolle (prima quelle con la testa che ci metteranno un pò di più, poi quelle senza), flambate anche queste, in tutto 2 minuti max di cottura, flambatura compresa.
Tuffate nella bisque i ravioloni e cuoceteli x 3 minuti; scolate i ravioli con un mestolo forato e passateli nella padella per altri 2-3 minuti a fiamma vivace, bagnando con la bisque.
Scaloppate le capesante a fettine sottili.
A fine cottura aggiungete una noce di burro per mantecare, poi le cappesante e le mazzancolle (con e senza testa) e ammalgamate bene il tutto.
IMPIATTAMENTO su piatto rettangolare: A sx mettere la mazzancolla intera; dividete i ravioloni sui piatti a zig zag leggermente sovrapposti e nappati con il loro sughetto; disponete sopra ciascun raviolo le fettine di capasanta e tra un raviolo e l’altro le mazzancolle senza testa; a dx del piatto due steli di erba cipollina incrociati; per concludere sopra a ciascun raviolo disponete una fettina di tartufo nero sott’olio o in mancanza del sale aromattizzato al tartufo (si trova in molti supermercati) e qualche goccia d’olio sopra i crostacei; pepe bianco per finire.
ROBY PROPONE: Salsiccia, porro e funghi sfumati alla birra bionda
200 salsiccia lunga (detta anche salamella)
mezzo porro
150 gr funghi misti con porcini (ho usato quelli surgelati, il peso si riferisce ai funghi scongelati)
150 gr panna fresca liquida
60 gr birra chiara
2,5 l brodo vegetale per cuocere i ravioli
qb olio extravergine
una spolverata di curry
qb pepe bianco
qb sale nero dell’himmalaya
Come si fa…
Private la salamella del budello e sfrantumatela.
Lavate il porro e tagliatelo a rondelle larghe 2 mm.
Scongelate i funghi e saltateli in padella con un filo d’olio evo, metteteli da parte.
Nella stessa padella stufate il porro per 3-4 minuti aggiungendo se serve qualche cucchiaio di acqua, unite anche salsiccia e fatela tostare per circa 5 minuti, a questo punto sfumate con la birra.
Fate asciugare e aggiungete i funghi e la panna.
Tuffate nel brondo bollente i ravioli.
Fate cuocere 3 minuti poi trasferiteli nella padella con il sugo, aggiungete una spolverata di curry (non esagerate).
Spadellate per 3 minuti circa poi impiattate.
IMPIATTAMENTO: mettete i ravioli nel piatto, aggiungete olio evo a crudo, una spolverate di pepe bianco e un pizzico di sale nero.
Sì lo so… l’impiattamento non è il mio forte ma sentirete che gusto 😉
Con questa ricetta partecipo al contest di Molino Grassi
Comment
Belliiiii!!!!