Arriva per tutte le madri, anche per quelle che non lo vogliono ammettere. Arriva “quel giorno”.
Arriva quando meno te lo aspetti e ti lascia esausta e svuotata.
Per me è arrivato in un 2 giugno di ponte, di sole, lago, falesia, amici e bicicletta: tutti ottimi presupposti per un giorno felice, e invece…
E invece sono arrivata a sera che non ne potevo più: non ne potevo più di Ettore, delle sue lagne, del suo attaccamento a me, alle mie braghe, alla mia pelle, ai miei capelli.
Non sopportavo di sentirlo frignare in continuazione, incapace di staccarsi da me anche per 5 minuti.
E sono stata posseduta dalla classica sfilza di pensieri metaforici che vanno dal “lo butterei fuori dalla finestra” al “rivoglio la mia vita” incluso “cos’ho fatto di sbagliato per meritare questo?” e l’immancabile “appena dorme annego le lacrime in una bottiglia whisky”, che poi io il whisky manco ce l’ho ma fa niente, tanto erano pensieri metaforici!
Ehhh sì, quel giorno arriva.
Non ha niente a che fare con quanto ami tuo figlio, assolutamente niente.
Non ha nemmeno senso cercare un motivo, una causa scatenante.
Il fatto è che i figli sono chiamati a portarti agli estremi, a farti sperimentare i limiti.
I tuoi.
Ora, che ci piaccia o no, è una gran cosa!
Non dipende dal tipo di educazione che ricevono, è una loro competenza, direi una hard skill, molto hard.
Ma se sapessimo coglierne il valore, dovremmo pure ringraziarli (dopo essere usciti dal turbinio dei pensieri metaforici, chiaro).
Ettore su questo è molto competente, soprattutto quando mi si attacca addosso come una cozza e frigna…
Perchè io non ho pazienza, non sono capace di sedermi e giocare con le costruzioni e soffro quando sento che la mia libertà viene limitata anche sulla possibilità di andare a fare pipì da sola.
Te la sei voluta -mi dice qualcuno- troppo tempo in quella fascia, sempre attaccato a te, anche al lavoro te lo sei portato…
Lascio che parlino!
Sugli stili educativi non voglio aprire una discussione, che potremo star qui mesi.
Io e Fra peraltro non possiamo nemmeno dire di aver davvero valutato e scelto “un metodo”.
A meno che non sia codificata la metodologia di delegare ai nonni (santi nonni, grazie nonni, meravigliosi nonni) l’educazione del popo, io e Fra abbiamo cercato di improvvisare affidandoci in sostanza a due sentire diversi ma collegati: Ettore da un lato, la natura dall’altro.
Mi piace il tuo approccio steineriano, mi sono sentita dire.
No, lo confesso: non sono steineriana, sono una mamma alquanto cazzona.
Lascio Ettore ai nonni quasi tutti i giorni, lo riprendo generalmente dopo le 19:00… a volte sta con loro pure nel weekend e sono mesi ormai che ha imparato a dormire là di tanto in tanto se la mamma la sera è impegnata.
Oppure mi accompagna a riunioni o cene di semi-lavoro… c’est la vie.
A casa lo confesso, io non amo giocare ai giochi dei bambini… mi annoio subito.
Allora gli faccio impastare dolci e sta imparando pure a rinfrescare la pasta madre.
Non ha ancora capito perchè sul computer dei nonni ci sia il pulcino pio e sul nostro no, e dei cartoni animati ha una vaga percezione… il trattore mantiene saldo il primato nei suoi interessi.
Confesso inoltre che dorme ancora in camera con noi (quando non siamo in westfalia naturalmente)… e dal suo lettino regolarmente rotola nel nostro, ebbene sì.
Però dormiamo.
Tutti e tre.
Tutta la notte.
Ha le ginocchia regolarmente sbucciate e sa perfettamente cos’è e a cosa serve il disinfettante.
Confesso che le cadute ormai abbiamo smesso di contarle ma oggi corre veloce come la luce e si inerpica sui sentieri senza scoraggiarsi.
Di contro non ha ancora imparato a infilarsi da solo le scarpe… imparerà.
Non va in salotto se non lo accompagno io (e confesso che un po’ è frustrante sta cosa), ma è già scappato di casa per andare al parcogiochi, giuro!
Il ciuccio è il suo salvavita, la copertina di Linus, la piuma di Dumbo… vabbè, passerà.
Non che non si sia provato a toglierlo ma si è rivelata una gran stupidaggine, una forzatura che rispondeva più a un nostro bisogno e non teneva in considerazione il suo… che poi, ognuno di noi ha un suo ciuccio, e guai a chi lo tocca, o no?
E io, sinceramente, non c’ho (più) voglia di combattere per un ciuccio… io oltre che cazzona sono pure una mamma comoda.
Mi piace vincere facile, che già fare la mamma è tutt’altro che semplice, di complicazioni ulteriori non ne voglio.
Pannollini lavabili? Comprati.
E pure regalati.
Seguo, anzi seguiamo, un approccio che mette al primo posto la serenità di tutti e tre e non è talebano su niente.
Poche regole, chiare, condivise, costruite sulle persone, non copiate dai libri e l’ambizione di saper essere flessibili (almeno ci proviamo) per crescere insieme.
Certo che tutto è migliorabile, certo che qualcosa di diverso lo farei se tornassi indietro (Fra ha cambiato decisamente troppi pochi pannolini), ciononostante non sono affatto pentita di aver optato per uno stile ad alto contatto.
E nemmeno di aver delegato parte importante dell’educazione di Ettore ai nonni per potermi dedicare liberamente al lavoro e a vari progetti collaterali.
Non mi pento di non esserci se la mattina si sveglia prima che io rientri dalla mia corsa quotidiana: è la mia ora, è tutta mia e la difendo come posso.
E no, Ettore non è un piccolo privilegiato che si nutre ogni giorno di piatti gourmet preparati dalla sua mamma foodblogger, che sia chiaro.
Ettore la prima cosa che ha assaggiato dopo la tetta è stata la schiuma del capuccino e oggi talvolta fa l’apericena, e lì sono salatini e patatine, conosce il gusto della radler, ama intingere il dito nelle bollicine e si sbaffa quantità considerevoli di gelato.
Potrei avere maggiori attenzioni anche su questo punto insomma.
Potrei…
Io non faccio una bandiera del nostro stile educativo e non direi a qualcun altro di seguire quello che facciamo noi.
Ma a me piace, anche quando mi lamento, non mi pento.
E non accetto critiche, solo consigli (preferibilmente da altri genitori).
Per me si è trattato di trovare un nuovo equilibrio: questione di sopravvivenza quindi, mica il concorso per diventare mamma dell’anno (figuriamoci)! Ci provo vivendo e affrontando un giorno dopo l’altro… e un po’ mi affido alla provvidenza. Perchè mai come l’arrivo del biondino ha rivoluzionato tutte le credenze che avevo sul concetto di famiglia e di educazione.
Però a chi mi chiede, io un consiglio lo do:
E infine, accetta che verrà il giorno in cui sarai presa da pensieri inamissibili, ma negarli non porta alcun vantaggio.
Meglio fuori che dentro, sempre e comunque: che siano espressioni di affetto o di insofferenza è preferibile ammetterle, riconoscerle, esprimerle e lasciarle andare.
Questo per mia esperienza… non per scienza infusa, che sia chiaro.
È l’unico modo per lavorare sui propri limiti, o quantomeno per capire quando sta per scendere quell’ultima, fatidica goccia nel vaso colmo e chiamare in causa il papà prima di sbroccare del tutto!
Detto questo, sarete d’accordo con me che, alla più porca, col cibo ci si consola sempre! E io, nonostante il caldo, non perdo la voglia di accendere il forno, soprattutto per portare in tavola un piatto comunque estivo e piacevole come questatrota al forno con le verdure
La ricetta è banale in modo quasi imbarazzante ma magari qualcuno la troverà interessante, io vi assicuro che è buonissima
Trota al forno con le verdure
Ingredienti per due:
2 filetti di trota (anche salmonata se vi piace di più)
1 peperone giallo e 1 rosso
ceci qb (sinceramente io ne avevo di lessati e li ho usati…)
1 carota
2 zucchine
1 melanzana piccola
1/2 porro
(in realtà potete mettere -o togliere- verdure a piacimento: pomodorini, cipolla, patate, piselli… ampio spazio alla fantasia o a ciò che in frigo urla vendetta).
olio, sale, pepe, timo qb
Come si fa…
- Pulite tutte le verdure e tagliatele a tocchetti di dimensione omogenea (a parte i ceci chiaramente). Sbollentate 30 secondi separatamente i peperoni, le zucchine, le carote (non le melanzane e il porro). Ricoprite di carta una teglia del forno, mettete dentro le verdure con un filo d’olio e passate in forno per 20 minuti a 180° meglio se ventilato, devono appassire. Sciacquate e asciugate i filetti di trota.
Adagiateli in mezzo alle verdure, unite timo, sale e pepe e un goccio d’olio solo sul pesce. Ripassate in forno per altri 8-10 minuti al max (mai cuocere troppo il pesce, mi raccomando). Et voilà, la cena è bella che pronta.
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