Ma perchè io non sono stata una scapestrata?
E perchè la maggior parte delle persone mature ed equilibrate che conosco mi raccontano che da giovani erano degli scapestrati/e?
Capite anche voi che il sillogismo logico non si chiude a mio favore.
Non che non abbia combinato le mie marachelle da bimba: mi ricordo che lanciavo i gatti per vedere come atterravano. Una volta sono pure scappata di casa: all’epoca andavo all’asilo e mi sono rifugiata dalla vicina.
Allora sì che ero una ribelle, poi sono cresciuta.
Sono rimasta vivace ma rispettosa delle regole (benefici o danni di una ferrea educazione cattolica).
Ho sgarrato poco e con tanto timore di essere beccata, quindi alla fine non me la sono neanche goduta.
Questa era l’adolescenza: una brava ragazza.
Scout e pure catechista!
All’università peggio che peggio, mi sono comportata “benissimo” e due mesi dopo la laurea avevo un marito e un lavoro a tempo indeterminato.
Poi???
Poi credo di essere diventata un po’ scapestrata… se scapestrati significa iniziare a mettere in discussione il ruolo affidatoci, per il quale siamo stati educati e nel quale abbiamo pure un po’ creduto.
Ciecamente.
Prima o poi i NO vengono a galla.
Sarebbe meglio prima.
È fisiologico, è codificato nel processo evolutivo di ciascuno: a un certo punto avviene una sorta di distacco (in primis dai genitori) e si fa urgente l’esigenza di affermare la propria diversità, primo mattone per costruire una personale individualità. “Io sono io, e sono diverso da…” (per eventuali approfondimenti vi metto in contatto con la mia collega Sofia o con mia sorella Arianna che sono psicologhe, io sintetizzo e approssimo).
Certo, è più facile se qualcuno ha intravisto e accolto per primo la tua personalità e ti ha aiutato a farla germogliare, se sei stato educato a sentire e a sentirti, se sei stato stimolato a esprimerti nella libertà e non nel condizionamento. Se ti è stato permesso di essere uno scapestrato insomma.
Gli scapestrati, mi sono immaginata in questi giorni che non riesco a dormire perchè le narici funzionano a corrente alternata e ho paura di soffocare nel sonno, sono di due tipi:
- quelli che, già consci della loro personalità, non hanno timore di affermarla, di viverla e di dichiararla con azioni e atteggiamenti di rottura e a volte di aperta sfida,
- oppure quelli in ricerca, che non hanno ancora piena consapevolezza di sé ma possiedono il coraggio dell’esploratore che attraverso il confronto con i limiti impara a conoscersi
Il pericolo del bravo ragazzo invece è quello di essere un conformista.
Blindato dentro una gabbia di condizionamenti.
Un conformista sì, più o meno brillante, ma pur sempre un conformista (io ero una conformista piuttosto brillante).
Se se ne accorge, se realizza di essere intrappolato in un ruolo che non gli appartiene, troverà il coraggio di diventare uno scapestrato tardivo (anche se non è le stessa cosa, va detto).
In ogni caso, per quello che la vita mi ha insegnato, io ho capito che, tutto ciò che consapevolmente o meno soffochiamo o neghiamo, trova il modo di far capolino, usando i percorsi e le forme più strane, e non sempre piacevoli. Molto meglio dare ossigeno a un’adolescenza verace e disubbidiente (con buona pace dei genitori) che ammalarsi com’è capitato a me.
E ancora più importante e sfidante è impegnarsi, come genitori, nell’educazione sentimentale dei bimbi, l’EDUCAZIONE SENTIMENTALE cazzarola! Non ci sono tabelline e poesie del Carducci che tengano, ve lo assicuro.
Tutti a catechismo di emozioni, perdio!
Bene, ora che mi sono avventurata su questi terreni tortuosi e carichi di un briciolo di tristezza e di dolore, ce la vogliamo fare una pasta?
Tipo questa?
Estiva. Buona anche fredda.
Vi insegno il pesto di rucola e anacardi e stavolta mi dovete perdonare, che non so le quantità degli ingredienti, vado a occhio ogni volta e ogni volta faccio scorta.
Ecco a voi, la scheda qui sotto se volete la potete scaricare e stampare.
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