Sono reduce dalla mia settima edizione del Freelancecamp a Marina Romea.
E questa volta sono tornata a casa senza la consueta sensazione di esaltazione e fermento che mi ha accompagnata negli anni precedenti.
Ma andiamo con calma, prima di questo Freelancecamp ero…
IN RISERVA
In riserva perché stanca non rende l’idea.
Stavano finendo le energie, i sorrisi spontanei, i balzi di entusiasmo, lo slancio verso il mio lavoro, verso la scrittura, verso le pulizie di casa e anche verso me stessa.
Insomma, ero un po’ ko (non completamente solo perchè ho imparato a chiedere aiuto e ho amiche sagge -Mariachiara grazie!-).
E nonostante questo stato, non proprio da lustrini e pailette, avevo una gran voglia di andare al Freelancecamp: avevo bisogno di un’isola felice, del mio salvagente preferito (sorrisi, abbracci e aria diversa dal solito).
Avevo bisogno di tempo per me e di prendere una pausa da me.
SONO PARTITA E MI HANNO FERMATA I CARABBINIERI
Non ho potuto partire il venerdì ma ho voluto comunque arrivare presto presto.
Per entrare nel mood giusto dell’evento, per assaporare una parentesi di solitudine sulla spiaggia del Boca prima dell’invasione barbarica e anche per ripassare lo speech.
Mi sono messa in strada alle 4:00 di sabato mattina e dopo 5 minuti il mio furgone è stato fermato dai carabbinieri.
Non credo si aspettassero di veder comparire una donzella, al volante di quel westfalia sconquassato e a quell’ora del mattino.
Io ero già pronta a far vedere il sito dell’evento e a spiegare che odio arrivare in ritardo, ma non ce n’è stato bisogno: mi hanno lasciata andare senza chiedermi nemmeno un documento, le occhiaie e la voce impastata confermavano la mia innocenza.
SONO ARRIVATA E SEMBRAVA CASA
Credo che parte della forza e del successo del Freelancecamp sia la location e il fatto che si rinnovi da 7 edizioni.
Quest’anno per la prima volta, appena sono arrivata in parcheggio, ho sentito quella sensazione che provo in un solo altro posto, il Rifugio Treviso: e cioè di essere nella mia “casa lontano da casa”.
La familiarità del luogo unita a quelle sensazioni che sono abituata a sentire quando sono lì, ha fatto scattare in me questo sentire, tipo il cane di Pavlov, avete presente?
La sensazione era quella della coperta calda quando stai sul divano, di una fetta di torta di mele fatta da tua nonna, di quel paio di pantaloni comodi…
Senza pretese, senza aspettative, senza tensioni a parte l’emozione di dover parlare a un pubblico che non smette mai di mettermi in soggezione.
Mi è sempre piaciuto arrivare al Boca, ma quest’anno è stato diverso: è stato sentirmi parte di quel posto lì.
E anche parte di quell’evento lì.
Non in quanto speaker ripetente, ma perché anch’io sono un pezzo di Freelancecamp.
E lo dico senza presunzione, è quello che sento.
E quello che sente credo, chi da 7 anni non si perde un’edizione, mica sono l’unica.
SEMBRA TALCO MA NON È
Il Freelancecamp ogni anno mi ha dato tanto, sono sempre tornata a casa con qualcosa in più: più ricca, più motivata, più entusiasta, più propositiva, più determinata, più carica, più felice, più coraggiosa, più stimolata, più curiosa, più coinvolta, più esagitata.
Insomma, partivo contenta e tornavo esaltata che quasi parevo fatta. E mi servivano giorni per ritornare sui binari.
Questa volta no.
Niente di tutto questo.
Questo è stato l’anno della sintesi e di un contatto più vero con la realtà.
L’anno in cui non avevo la forza per convincere nessuno e mi sono goduta l’affetto che arrivava.
Ho respirato abbracci e mi sono lasciata cullare da sorrisi che erano per me.
Ho riso, bevuto, mangiato, chiaccherato; ho ascoltato e ho sentito.
Sentito l’energia di persone vere, tutte con la loro vita, con storie belle anche quando sono brutte.
Sentito l’affetto di chi ormai mi conosce e mi vuole bene, non solo per due giorni passati insieme in spiaggia.
Il Freelancecamp, che per anni mi ha caricata di energia, quest’anno mi ha regalato la cosa più bella che poteva donarmi: consapevolezza e un po’ di calma (equilibrio mi sembra un termine un po’ forte per la sottoscritta, magari l’anno prossimo).
L’ESAURIMENTO PUO’ ARRIVARE PER TUTTI (non sto gufando), E SI SOPRAVVIVE CAMBIANDO
Per ovvi e meno ovvi motivi, l’intervento che mi ha più emozionata quest’anno è stato quello di Barbara Pederzini, conosciuta anche come Fatamadrina (che peraltro è stato molto bello conoscere di persona).
Le ragioni, per cui esaurisci le tue risorse possono essere le più varie, non solo perché ti spendi come una matta nel lavoro e tieni dei figli. Non c’è un motivo più dignitoso o giustificabile di un altro: succede. E quando capita è fondamentale capirlo e accettare di fermarsi e che qualcosa debba cambiare. Non è facile, non è privo di conseguenze, non è mai piacevole ma potrebbe, alla lunga, insegnare molto e farci crescere. Mi dispiace non potervi linkare lo speech, Barbara non si è fatta registrare (un motivo in più per venirci, al freelancecamp).
COLTIVARE LA PROPRIA VITA PER FARE MEGLIO LE COSE, AD ESEMPIO SCRIVERE
Onorata anche di aver conosciuto Lascianca. Ho trovato il suo speech particolare per lo stile che ha: è introversa ed estroversa contemporaneamente, è delicata e divertente, è misurata e spontanea… è coinvolgente, ma con garbo e senza imposizioni. Convince perché risulta vera e dolce.
E comunque ha parlato di scrittura, ed è arrivata dritta dritta al mio cuore con queste parole: “c’è solo una cosa che devi fare per scrivere ed è riempire il pozzo.”
E questa frase, per me, valeva tutto l’intervento, però voi ascoltatela da cima a fondo, la donna è saggia.
Vi segnalerò gli altri speech che secondo me sono da vedere nel blog di lavoro.
Qui mi limito a questi che sono colati sopra il mio cuore come una fontana di cioccolata calda e hanno addolcito un momento critico ma, alla fin dei conti, meno buio di quello che pensavo.
E le foto dei fotografi invece sono qui.
PROPOSITI PER IL PROSSIMO FREELANCECAMP
- Prendermi un giorno prima e un giorno dopo l’evento per assaporare il pre e il post, e fanculo a tutto il resto.
- Non fare lo speech, che ormai ho parlato abbastanza.
- Assaggiare uno dei cocktail del Boca, Debora Ugolini mi ha fatto venire troppa voglia.
- Assaggiare la frittura del Boca.
- Assaggiare la pizza del Boca.
- Arrivare più carica di quest’anno, ma meno esagitata degli anni precedenti.
- Fare tutte le sessioni con Monja.
- Chiaccherare di più, che gli speech poi trovo il modo di vederli (ma non ditelo ad Alessandra).
- Chiaccherare di più con persone che non conosco.
- Ringraziare di più.
Sul tema speech apro una parentesi: quest’anno ero agitata, ma meno degli anni scorsi. Credo di aver esaurito anche l’agitazione. Comunque meglio così, che non è venuto malissimo il mio intervento, potete vedermi qui, parlo di Linkedin.
E la considerazione è contorta ma la butto lì: non è che andare a regime ridotto possa avere dei risvolti positivi? Che sia questa qua la roba del rallentare che tutti mi dicono? Cioè, un po’ di depressione magari a me fa bene? Ai posteri l’ardua sentenza.
Vi saluto e vi ricordo le prossime edizioni del Freelancecamp, quelle di Lecce o di Roma.
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