Giorni tristi.
Giorni di riflessioni e di digestioni difficili.
Ci sono cose che proprio non si vorrebbe mandar giù.
Però bisogna, non c’è alternativa.
E sarebbe opportuno anche evacuare… il prima possibile.
Per far spazio.
Ok, non ho voglia di star qui a crogiolarmi nella mia valle di lacrime.
Però alcune riflessioni mi sento di metterle nero su bianco.
Questa storia dello SPAZIO ad esempio.
Ci lamentiamo sempre che non abbiamo tempo: mi manca il tempo, vorrei ma non ho tempo, mi piacerebbe ma dove trovo il tempo e via così…
A volte invece più che questione di tempo è questione di spazio.
Che il tempo lo si trova.
Anche se mi allineo all’approccio razionale che lo considera un elemento finito, sono convinta che nella nostra giornata una buona dose di tempo lo sprechiamo e con un po’ di attenzione potremmo recuperarlo.
E non sto a spiegarvi come, che ognuno sa dove butta via il proprio tempo, anche se lo nega.
Lo spazio invece, fisico e mentale, è tutt’altra cosa.
Quando non c’è spazio, non c’è spazio… lo puoi liberare oppure lo devi creare.
Nell’ultimo periodo, per dire, io ero certamente in carenza tempo (e un po’ ne sprecavo, ça va sans dire) e inesorabilmente senza spazio.
In realtà è una mia cattiva abitudine, da sempre: riempire tutti gli spazi, anche quelli che non ho.
Per farvi capire, vivo la mia vita come se fosse una sorta di Google Calendar, avete presente?
Ecco, finchè non vedo tutti i giorni della settimana pieni di etichette colorate che esauriscono tutti gli spazi vuoti, io non sono contenta.
E riempio, riempio, riempio, pianifico, programmo… infittisco l’agenda di appuntamenti, ragionamenti, progetti, pensieri, attività, desideri, relazioni.
Perchè ho sempre pensato che il contrario significasse perdere tempo… non impegnarsi abbastanza.
Tantissimo sforzo, grande allenamento a colmare gli spazi, a colorare il disegno delle mie giornate fino ai contorni, e anche oltre.
Una bella fatica peraltro.
Obiettivo: esaurire tutto lo spazio vuoto.
Che poi significa: non avere più spazio.
Non avere spazio per il nuovo soprattutto.
Puoi trovare il tempo, ma se non hai spazio è tempo sprecato, letteralmente.
Spazio.
A volte più mentale che fisico, una predisposizione all’accoglienza, un po’ di bianco da colorare con nuovi pennarelli.
Un po’ di vuoto, di sano vuoto.
Questa settimana l’ho capito.
Cioè, l’ho ammesso, che è diverso.
Ho realizzato con l’esperienza, accompagnata da una certa dose di tristezza, che i progetti, i desideri, le relazioni (e via dicendo), non si accontentano di una reazione scatenante per svilupparsi e crescere.
Non basta premere play, e ascoltare il disco.
Alcune cose magari sì, infili il CD e via.
Ma sono poche, e di solito non sono quelle che contano.
Le più delicate hanno bisogno di spazio e di cure.
Come in cucina: il pane per dire.
Pare facile: sono pochi ingredienti, bisogna fare attenzione che il lievito reagisca bene, che l’acqua non sia troppa, troppo calda o troppo fredda e poi va da sè…
Pare facile.
Invece non è così scontato: servono attenzioni, delicatezza, rispetto dei tempi, manualità (o un’ottima planetaria, ma anche quella da sola non è sufficiente)…
Al pane bisogna pensarci, averlo in mente.
Il pane occupa spazio.
La torta di yogurt invece ne occupa molto meno.
E questo è un principio generale: i progetti, la vita di coppia, i sogni da realizzare, le letture e lo studio, i figli da far crescere, o i figli da far nascere… se non c’è spazio col picchio che arrivano, e c’hanno pure ragione.
Ecco… riflessioni costruttive di una settimana di merda.
Perchè se non si impara qualcosa da queste esperienze è davvero solo merda, ma io sto con De Andrè: dal letame nascono i fior.
Peraltro questa settimana, che ero in pseudo-malattia, ho passato del tempo a non occupare spazio.
Interessante esperienza: a momenti la mia attività fisica e mentale era assimilabile a quella di un vegetale, e non desideravo altro… leggere, spingere Ettore sull’altalena e vegetare al sole.
Star lì e aspettare di maturare, proprio come un pomodoro.
Provate.
Veniamo alla ricetta, che non è di un pane ma di ottimi tozzetti alle nocciole, in questo momento al primo posto nella classifica di Fra riguardo i biscotti da colazione.
Mi ha passato la ricetta Pina.
Era di quelle che vanno un po’ a qb… io l’ho personalizzata e misurata, in modo da renderla ripetibile e soprattutto condivisibile con voi.
Da fare.
Tozzetti alle nocciole, con cannella e limone
Ingredienti (per due piastre da forno)Watch Full Movie Online Streaming Online and Download
500 gr farina
2 uova intere
200 gr zucchero semolato
1 tazzina da caffè di latte
2-3 gr di bicarbonato
45 gr di strutto (un chucchiaio)
qb cannella (dipende da quanto vi piace)
la buccia di un limone
200 gr di nocciole tostate lasciate intere
Come si fa…
Impastate tutti gli ingredienti e gli aromi, tenete da parte solo le nocciole: formate una massa compatta, non troppo appiccicosa, diciamo lavorabile (frusta K per chi usa la planetaria).
Aggiungete e inglobate le nocciole.
Ricavate con le mani dei cilindri di due centimetri circa di diametro e di 7-8 cm di lunghezza.
Posateli sulla placca rivestita di carta-forno, schiacciateli leggermente.
Infornate a forno caldo e cuocete a 180° per circa 12-13 minuti, ventilato.
Se li lasciate cuocere di più verranno più croccanti… la prima volta io ho fatto dei sassi, però a me piacevano così.
Comunque sappiate che raffreddandosi, induriscono.
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