Improvvisamente finisce, quell’anno doloroso, duro e aspro come pochi che resterà tra i più significativi di sempre. Brindi con un ottimo Franciacorta e dai il benvenuto al 2019 lasciandoti alle spalle lacrime, paure, scalate in libera con relative cadute e sorsi di consapevolezza cercati per anni.
E un po’ ti illudi che quello che verrà sarà un anno tutto diverso: una tapparella si è chiusa e un’altra se ne apre: la nuova vetrina sarà irrimediabilmente più bella, più ricca, più luminosa e sbarluccicante. Non lo dici a nessuno, nemmeno a te stessa, che l’anno nuovo, con le sue promesse di riscatto, è solo una convenzione sociale che permette a tutti, per una sera, di abbuffarsi senza ritegno e di stappare ottimi vini.
In realtà si va avanti senza interruzione di continuità, con un bagaglio fatto del passato da cui bisogna scartare continuamente qualcosa per far spazio ad altro.
È così: non si può accumulare tutto. E se vuoi qualcosa di nuovo, devi lasciare andare qualcos’altro. Fare spazio. Nemmeno i ricordi ci stanno tutti, pur nella loro consistente immaterialità non puoi contenerli tutti quanti nella tua memoria, devi selezionare. Trattenendo, possibilmente quelli belli che scaldano il cuore e quelli brutti che però ti insegnano qualcosa. Selezionare è una cosa che prova a spiegarti Maria Kondo nel suo libro ma che non è così facile da applicare quando esci dalle categorie vestiti, oggetti della cucina, suppellettili… Selezionare è un processo di consapevolezza che a volte non si ha voglia di fare, più facile pensare che l’anno nuovo spazzerà via magicamente le brutture dei mesi passati e tutto filerà liscio, soprattutto se la media degli oroscopi prevede un Saturno amichevole e Venere che ti limona duro.
Io ci ho sempre voluto credere
Mi lasciavo ammaliare dalla storia della tapparella chiusa e tapparella aperta. Mi cullavo nell’illusione di poter resettare e ricominciare da zero allo scocco della mezzanotte, anno dopo anno. Come quando andavi a scuola e a settembre avevi astuccio e diario nuovo e giuravi che li avresti tenuti benissimo per tutto l’anno, io così affrontavo ogni capodanno.
Questa volta no. Ho perso un po’ di romanticismo forse, e come succede per i bambini con Babbo Natale, anch’io a un certo punto mi sono accorta che l’interruttore che spegne il vecchio e accende il nuovo non esiste.
Esistono mille piccoli bottoni che puoi premere ogni giorno per fare in modo che il futuro ti assomigli sempre di più (non è sufficiente pigiare ehh, pigiare è il primo atto, la consapevolezza).
Sto imparando, il 2018 me lo ha insegnato a bastonate sulla testa, a lasciar andare le cose, a pretendere meno da me stessa e a stare nel dolore senza che il dolore diventi l’unica cosa.
Sto imparando a selezionare, a trattenere e a cercare:
- il bello,
- l’utile (bello o meno),
- il futile piacevole.
E mi sto educando ad apprezzare ciò che non posso trattenere, che appare ed evapora in un soffio e che non si lascia acchiappare, al massimo diventa un ricordo, ma non è scontato. I miei figli che crescono ad esempio.
Seleziono per migliorare il domani. Di questo e dei prossimi anni. Senza mettere limiti alla provvidenza.
Tengo:
- l’impegno nella formazione: i corsi a cui mi sono iscritta, l’entusiasmo con cui li ho affrontati, la cura con cui li ho selezionati, l’impegno con cui li ho messi in pratica. Nel 2019 con maggiore focalizzazione e probabilmente con maggior budget;
- il mio tesoretto: un obiettivo annuale da raggiungere in 12 mesi di piccoli risparmi (il 2018 è stato per il Bimby);
- le persone belle, che non citerò a una a una, ma chi fa parte della mia vita (qui o altrove) sa bene di esserci e di avere tutto il mio affetto incondizionato, e gratitudine;
- la psicoterapia;
- la ricerca del mio stile (sì, sto parlando di shopping);
- la crema sulle mani prima di andare a letto;
- i concerti;
- le mamme dell’asilo;
- il Freelancecamp di Marina Romea
- Torino;
- tappi e colla a caldo;
- la corsa;
- qualche paura, sono il motivo per cui provare a essere coraggiosa;
- il piacere di bere bene;
- il piacere di scrivere a mano.
Lascio andare:
- il perfezionismo;
- la paura di dire la mia e di prendere posizione;
- un po’ di vestiti scelti ad minchiam;
- i compromessi;
- la pigrizia davanti al foglio bianco;
- qualche collega;
- un paio di illusioni;
- il timore di chiedere;
- il subdolo piacere di sentirmi indispensabile;
- i muri spogli;
- le borse brutte e quelle rotte.
Cerco:
- una giornata tutta per me ogni due mesi, chiamatela ferie se volete;
- sci e scarponi nuovi;
- giochi in scatola;
- un progetto da condividere extra lavoro;
- libri da divorare;
- litigi;
- un corso di pilates posturale (in mancanza di un nervo sciatico nuovo di zecca);
- la ricetta del sufflé perfetto;
- più tempo in divano;
- scarpe nuove;
- un senso per i miei capelli che crescono;
- bottoni da premere.
E benvenute le sorprese
Provvidenza, dacci dentro!
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