Che la cucina possa essere una metafora della vita non è una novità, potrei riempire un post intero con considerazioni trite e ritrite (e anche un po’ scotte). Però in questi giorni mi sono trovata a riflettere sui singoli ingredienti, quelli stanno alla base della cucina per intenderci, quelli che non mancano mai, che ce n’è sempre una scatola di scorta, sì insomma l’olio, il sale, il pepe, lo zucchero, la farina… già solo con questi puoi fare cose meravigliose e la ricetta più elaborata e sfiziosa perderebbe tutto il suo sapore se mancasse di un fondamentale previsto.
In particolare pensavo al sale (ma può essere che nei prossimi post tratti anche gli altri ingredienti perchè sento che mi è partito un trip). Il sale dicevo… c’è questa tendenza dei grandi chef che tentano di eliminare il sale dalle ricette sostituendolo in varia maniera e ottenendo risultati direi interessanti e originali (usano spezie, frutta secca, semi tostati, alghe, salsa di soia, aceto e via dicendo). Sano di sicuro e a suo modo anche gustoso. Rimane il fatto che con astuzie più o meno articolate, si cerca sempre di dare sapidità al piatto, di aggiungere un esaltatore di gusto che valorizzi i sapori dei cibi. Questo fa il sale ogni volta che lo aggiungiamo a ciò che cuciniamo: è un catalizzatore del gusto che va ad “eccitare” le nostre papille gustative e non è un caso che venga inserito anche in moltissime preparazioni dolci.
E così è anche nella vita, un po’ di sale ci sta… a volte un pizzico, a volte una presa ma sapete come si dice quando un cibo è senza sale vero? INSIPIDO!
Cosa intendo io per sale nella vita ve lo spiego subito [così da non confonderlo con il pepe di cui tratterò più avanti in un post adatto ad un pubblico di soli adulti ;-)]:
– il sale è un lavoro che ami, che ti stimola, che spesso ti diverte e che talvolta ti stupisce,
– è avere interessi e passioni che pretendono la tua attenzione e non ti danno facoltà di dire di no ma solo di rimandare,
– è conoscere persone e scoprire vite e mondi diversi dai tuoi,
– è lasciarsi andare e ridere senza motivo (con un bicchiere di bollicine viene ancora meglio che con il sale),
– è poter scegliere la propria vita (o lottare per farlo),
– è avere un figlio che inizia a gattonare per casa (paura),
– è saper fremere,
– è aprirsi allo stupore e a volte anche all’imprevisto,
– è abbassare un po’ le aspettative e scoprire che la vita è gustosa… basta un pizzico di sale!
Il sale non è l’eclatante, è ciò che se manca non c’è gusto… chiaro no?!!?
E sì, certo che troppo sale fa male, ma chi ha un po’ di sale in zucca lo sa che è molto più facile abbondare di sale nell’insalata che nella vita stessa… (e con questa perla filosofica passo alla ricetta, che è meglio!)
Questo risotto nasce dalla voglia di sperimentare la parte Chef del mio Kenwood. La planetaria che ho acquistato dopo lunghi tentennamenti infatti cuoce pure, una figata di funzione che io uso poco. Ho quindi deciso di osare l’inosabile, perchè come dice la Cuoca Pina: il risotto è un rito (pentola di rame, appassimento lento della cipolla, tostatura “violenta” del riso, aggiunta graduale del liquido, mantecatura e riposo, ecc…). Credo fermamente in tutto questo ma sarei sciocca e un po’ ottusa se non usassi gli strumenti che ho a disposizione, quantomeno per un test. Beh che dire: test superatissimo, temo che “il rito del risotto” per un po’ diventerà “la comodità del risotto”: butti dentro tutto, lasci fare al KCC, ti gusti aperitivo e patatine.
Voi però potete prepararlo alla vostra maniera (ecco avrei qualcosa da ridire sulla pentola a pressione ma mi taccio). L’accostamento di gusti che ho scelto è delicato e decisamente di stagione, alla vista risulta anche un po’ caruccio (c’è del senso estetico anche in me).
Bando alle ciance, eccovi la ricetta e mi raccomando… non dimenticate il sale 😉
RISOTTO TRICOLORE: ZUCCHINE, BURRATA E POMODORINI CONFIT
Ingredienti per 4/5 persone…
400 gr di riso (io ho usato Vialone Nano ma ottimo anche il Carnaroli)
800 ml di brodo vegetale caldo (più 150 ml da usare all’occorrenza)
3 zucchine
mezza cipolla (io Tropea)
mezzo bicchiere di vino bianco fermo (per me Fiano)
una burrata (ottima anche la straciatella)
4 cucchiai di panna fresca (facoltativo)
20 pomodorini
sale, zucchero, olio, qb
timo, origano e aromi a piacere qb
Come si fa…
Primissima cosa preparate i pomodorini confit (potete farli anche il giorno prima e conservarli in frigo): tagliateli a metà, metteteli con la parte tagliata verso l’alto su una teglia con della carta forno, spolverizzateli con un po’ di zucchero, un po’ di sale e gli aromi, un filo d’olio e in forno almeno un’ora e mezza a 100°, devono appassire senza bruciare.
Ora il risotto: si inizia soffriggendo la cipolla tagliata sottile con l’olio, lentamente, con pazienza altrimenti la bruciate e fa schifo. Togliete la cipolla e tostate il riso a fuoco alto, qui usate pure un po’ di grinta, quando sentite, avvicinando un dito, che i chicchi scottano è il momento di sfumare con il vino. Unite la cipolla e le zucchine fatte a tocchetti abbastanza piccoli, mescolate brevemente e poi iniziate ad aggiungere il brodo, poco per volta continuando a mescolare. Unite del nuovo brodo solo quando il mestolo precedente si è ben assorbito.
Se avete il kenwood cooking chef dotatelo della frusta a mezzaluna con la spatola in silicone: tostate la cipolla insieme alle zucchine, temperatura 100°, velocità mescolamento 1, poi aggiungete il riso, tostate per alcuni minuti a 120°, velocità sempre uguale. Sfumate con il vino e poi aggiungete in una volta sola tutto il brodo caldo. Portate a cottura (temperatura 110° – velocità sempre 1) e aggiungete un po’ di brodo se asciuga troppo.
A fine cottura (secondo le indicazioni della confezione del riso ma calcolando qualche minuto in meno), spegnete, aggiungete la panna, coperchiate e lasciate riposare qualche minuto.
Servite il risotto con un generoso pezzo di burrata sopra, i pomodorini confit e una spolverata di pepe (di cui parleremo presto).
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