La scorsa settimana ero un tantino incazzosa.
Prima di Torino intendo.
Poi sono andata in Piemonte e mi sono ripigliata alla grande, ma questa è un’altra storia che, se siete curiosi trovate .
Dicevo che ero incazzosa: un misto di arrabbiata, infastidita e preoccupata.
Arrabbiata con me innanzitutto, perchè ci sono situazioni che non riesco a gestire razionalmente: mi prendono la pancia, arriva il malumore e arranco nel tentativo di relativizzare, vorrei spazzare via il malumore spalmandomi addosso un sorriso, ma proprio non ce la fo. In secondo luogo ero arrabbiata con Fra, ma non fa testo, che è fin troppo facile arrabbiarsi con lui, e io lo amo anche perchè mi permette di farlo, così mi sfogo.
Infastidita perchè da anni lavoro su alcune parti di me che vorrei migliorare e ancora mi trovo a inciampare sugli stessi ostacoli. Ok, magari non cado, ma inciampo e la cosa tocca nervi scoperti: è un fastidiosissimo sassolino nella scarpa, un pezzo di carne tra i denti che ci ravani con la lingua 老虎证券好吗 per ore durante una cena in cui non hai con te il filo interdentale, è l’etichetta della maglia che continua a pungerti il collo, il collant che cala sulle gambe finchè cammini in centro, insomma avete capito il concetto! Vuol dire che non ho lavorato abbastanza (o abbastanza bene).
Preoccupata perchè anche noi freelance apparentemente cazzoni, ogni tanto pensiamo alla pecunia, (più spesso di quello che siamo disposti ad ammettere a dire il vero). La spesa, le bollette, l’F24 da pagare… soprattutto l’F24 da pagare. E se non è giornata di fatture, la cosa incide parecchio sul livello di incazzosità.
Detto questo, io quando sono incazzosa ho la fame nervosa.
Non solo.
Ho la fame di cose belle, non mi accontento di ingurgitare voracemente qualsiasi cosa: voglio sentirmi coccolata e anche un po’ viziata, voglio godere prima con gli occhi e poi con il palato.
Se non è possibile flirtare con uno chef stellato (e non lo è quasi mai), mi ingegno e mi applico, mi arrangio insomma.
Masturbazione gastronomica? Peut etre!
Io, che di solito impiatto con stilosa cialtroneria, quando sono incazzosa comincio a fare attenzione a tutto: alla forma, ai colori, agli abbinamenti, alle consistenze… alla ricerca di un piacevole equilibrio.
Metto da parte il badile e inizio a usare le pinze per intenderci.
E magicamente il cibo, arrivando nella pancia, elimina parte di quell’acidità prodotta dal malumore.
Non fa i miracoli, questo no, ma aiuta parecchio.
Anzi, è proprio terapeutico: mi dice che quando tutto rema contro (o a me sembra così), c’è sempre il modo di prendersi cura di sè.
Altro che masturbazione, questo è amore!
Il bello mi aiuta a trovare il sorriso, mi induce a rilassarmi (almeno un po’), mi fa tornare ottimista, mi avvolge come una coperta calda, isolandomi un po’ dalle preoccupazioni. È una sorta di imbottitura che crea distanza tra me e quello che non va.
Il potere della bellezza: tanta roba.
E se lo dico io, che in linea di massima non la curo e non la cerco (sì, con Fra mi è andata proprio di culo: è un figo della madonna e non ho fatto niente per cercarlo così, giuro), se lo dico io, che di norma vivo anestetizzata di fronte agli stimoli estetici a beneficio della praticità, se lo dico io che non sono autorizzata a comprare scarpe da sola, perchè sbaglierei modello… bé, fidatevi!
La bellezza ci fa bene, sempre e comunque, anche se non siamo degli esperti in materia, anche ai non addetti ai lavori.
È la migliore re-azione che possiamo concederci, perchè l’effetto è immediato (anche un bel massaggio e qualche fattura da emettere aiutano, ve lo concedo).
Poi sul lungo termine si lavora in altri modi.
E insomma è nato così questo piatto.
Perchè era una settimana ostinata e contraria e perchè quella sera cenavo sola con Ettore (che non si lamenta se cucino il pesce).
Ho guardato il popo e gli ho detto “stasera noi si fa finta di andare al ristorante, preparati biondino”.
E ci siamo dati da fare.
Assemblando la semplicità e il pesce che avevamo in congelatore con un minimo di buon gusto e di stagionalità, aggiungendo una pennellata di colore e completando con il fondo (haimè era davvero poco) di un ottimo Verduzzo marchigiano.
Mi pare quasi banale darvi questa ricetta, anzi mi pare banale chiamarla “ricetta”.
Preferisco estrapolare e condividere la tecnica, voi poi potrete utilizzarla a vostro piacimento variando gli ingredienti.
Il piatto ha una struttura abbastanza semplice ma, se ben studiata, vi assicuro che fa la sua sporca figura.
Ecco lo schema:
- una base liquida ma abbastanza densa (per me una crema di ceci e patata),
- un corpo centrale/pezzo forte (filetto di sgombro),
- una decorazione colorata (zucchina a julienne spadellata)
- un elemento che crea contrasto al palato (melograno e sale nero)
- a piacere si possono aggiungere dei complementi al pezzo centrale (code di gambero).
Ora a voi non resta che variare gli ingredienti, giocare con i colori, abbinare i sapori, sperimentare connessioni e soprattutto coccolarvi, regalandovi qualcosa di bello, oltre che buono.
Se poi questo non dovesse bastare, io vi consiglio un paio di giorni a Torino da un paio di amiche mie: tornerete come nuove, garantito! ?
Sgombro e code di gambero su crema di ceci, con zucchine e melograno
Ingredienti per 2 persone
200 gr di ceci lessati (se usate quelli in scatola lessateli altri 5 minuti)
1 patata media lessata (parecchio: serve morbidissima)
brodo vegetale
2 filetti di sgombro
10-12 code di gambero
2 cucchiai di salsa di soia
1 zucchina tagliata a julienne
melograno
sale nero
olio, pepe e sale qb
Come si fa:
- Frullate ceci e patata, allungate con il brodo vegetale e regolate di sale: la crema dovrà essere leggermente più densa di una vellutata.
- Scottate 3 minuti la zucchina a julienne in una padella (meglio se di alluminio), salate pochissimo solo a fine cottura, un pizzico di pepe e tenete da parte.
- Nella stella padella cuocete lo sgombro 3 minuti per lato, prima dalla parte della pelle, aggiungete le code di gambero quando mandano due minuti alla cottura, sfumate con la salsa di soia. Togliete la pelle dalo sgombro raschiandola con un coltello.
- Assemblate il piatto: create lo specchio con la crema di ceci, appoggiate sopra lo sgombro e i gamberi, decorate con le zucchine e completate con melograno, sale e un filo d’olio a crudo.
- Versate due bicchieri di vino bianco (uno solo se cenate con i vostri figli minorenni, mi raccomando), e voilà.
- Tutto il resto è noia e malumore passeggero ?
2 Comments
Ciao, Roby, che meraviglia leggerti e soprattutto averti rivista e abbracciata in una tappa volante in quel di Expo: come è andata?
Condivido dalla prima all’ultima riga questo tuo post che mi conferma tante delle nostre similitudini e, preparati, con pazienza a ricadute e ancora nuove cadute, è la vita e il nostro modo di essere vivi, imperfetti, umani… Grazie per essere così, questo è il mio pensiero che arriva dal mio profondo, cuore?, e lo adotto in #adotta1blogger, comunità/tribù di FB dove spero tu voglia entrare ed essere una preziosa voce. PS. Questa ricetta mi fa venire l’acquolina 🙂
Grazie Gloria, perdonami il ritardo di risposta… ogni tanto perdo colpi 😉
Grazie a te, il tuo sorriso è sempre una carica di energia immensa e la tua generosità è grande.
Un abbraccio a te.