Sono stata al Freelancecamp 2016, se mi segui da qualche anno saprai che è un mio appuntamento fisso, ne ho parlato qui, qui, qui e qui, dalla primissima edizione insomma.
Se invece non sai di cosa si tratta guarda qui e per conoscere la data 2017 di qua.
Perdonami se sono così stringata ma non voglio farla troppo lunga, che l’obiettivo di questo post è di regalarti qualcosa che spero ti piacerà molto.
Ma lo farò dopo una piccola riflessione, breve lo giuro!
Qualcuno mi ha chiesto:
ma perchè vai al freelancecamp da sola? (cioè non accompagnata da compagno e volendo anche figlio?), in fondo è un evento praticamente in riva al mare, informale, tre giorni di sole da condividere anche con la famiglia no?
NO!
Io vado al freelancecamp sola perchè mia piace, di tanto in tanto, fare il pesce fuor d’acqua.
Uscire dal tubo, non solo professionale ma anche familiare, e buttarmi in contesti che non mi appartengono.
Sono stata felice di condividere il freelancamp con il mio compagno un paio di edizioni, ma detta tra noi preferisco da sola, e sono pronta a litigare se mai Fra leggerà queste righe e avrà delle rimostranze (ma non credo, entrambe le cose intendo). 😉
È che continuo a sentire il bisogno, periodicamente, di trovarmi faccia a faccia con la mia capacità di arrangiarmi, mi piace scoprire che è ancora lì, magari un po’ arrugginita ma non fuori uso.
Una mia fissa, una debolezza forse più che un punto forte, la necessità di sperimentare che da sola sono capace, che ce la fo (a organizzarmi, a muovermi in contesti diversi dal consueto, a dormire da sola in furgone, a gestire dei compagni di viaggio, ecc…).
Che poi ok, sono stata 3 giorni al mare, mica 6 mesi spersa nel deserto ehhh….. però ero da sola, sola in mezzo a un sacco di gente. E io in fondo sono una che lavora in provincia e nei weekend va tra i monti.
A Marina Romea invece mi sono concessa anche di STARE DA SOLA, passeggiando la mattina presto con la sola pretesa di respirare il mare.
Se volete la mia definizione di lusso beh, questa si avvicina abbastanza, e le foto lo confermano.
Questi sono stati i MIEI tre giorni.
Tendenti alla perfezione.
Tre giorni fuori dal tubo (che è di più di uscire dall’area di confort).
Ed è un consiglio che vorrei dare anche a te.
Sii pesce fuor d’acqua ogni tanto.
È divertente, forse un po’ ansiogeno all’inizio, ma l’unico pericolo vero è che poi ci si prende il gusto.
E ora arriviamo al dunque, ora scatta il regalo.
Voglio regalarti un po’ di freelancecamp accuratamente selezionato per te che pensi di non aver niente a che fare con i freelance e tantomeno con i camp in riva al mare, su questo però potremo discutere perchè se ci vo’ io che al mare che sono una montanara vorrei proprio capire che scuse hai tu!
Ora io lo so, stai immaginando il freelancecamp come un posto per giovani frichettoni che bevono mojito e parlano di digitalese tutto il tempo.
Allora: sì, beviamo mojito e siamo giovani, perchè tra i 35 e i 40 (che è un po’ l’età media) si è giovanissimi.
Ma no, non siamo frichettoni e no non parliamo tutti e per tutto il tempo in digitalese.
E soprattutto non parliamo solo di freelenciaggio nudo e crudo.
Gli interventi portano a galla molti “contenuti trasversali”, cose che non importa che lavoro fai, farai o non fai più, in qualche modo possono interessarti.
E allora ho pensato di farti cosa gradita selezionando 4 tra i tanti speech, secondo me ti piaceranno a prescindere da tutto, guardali.
Anna Turcato ad esempio parla di moda, e quest’anno ha affrontato il tema dei colori e di cosa trasmettono quando li indossiamo. Curiosa? Ascoltala e fai l’esercizio che ti propone: cambierai il modo in cui guarderai gli abiti nel tuo armadio e quelli che comprerai in futuro, anche se di lavoro fai la mamma!!
Sei introverso/a e a volte la cosa ti crea qualche senso di disagio? Sei uno/a che nella lista dei difetti inserisce la timidezza? Guarda lo speech di Daniele, ufficialmente l’uomo leader di questa edizione, e il più introverso di tutti, in assoluto.
Sei un’appassionata di cucina come me? Ti è mai sfiorata l’idea di trasformare la tua passione in un lavoro ma senza diventare per forza cuoca in un ristorante? Si può! Istituendo una IAD, Impresa Alimentare Domestica. Io non la conoscevo e temo che in molti l’ignorino. Eppure un modo per usare la propria cucina per lavoro c’è. Ne ha parlato Patrizia Mammafornaia.
Mariachiara non volevo citarla perchè sono di parte, io le voglio bene, ma tanto. Però come faccio a non citarla? Il suo intervento è pieno di vita personale, parole emozionate di una persona che confessa “il mio matrimonio stava finendo ma io ero troppo occupata a lavorare per accorgermene!”. E dice dell’importanza di mettersi al centro e di trovare un equilibrio che permetta di non perdere di vista tutto il resto, anche se il lavoro lo amiamo, anche se ci appassiona, anche se un po’, questa dipendenza, ci piace.
Io non lo so com’è per te, può essere il lavoro o qualcos’altro, ma ogni tanto bisogna fermarsi, mettere da parte quello che si sta facendo e controllare come se la passa il nostro presente, solo così rinforziamo le fondamenta del futuro che desideriamo.
Questo è il mio regalo, con la gioia e l’entusiasmo che ancora mi scorrono nelle vene dopo 3 giorni intensi quanto rilassanti (anche per questo vado rigorosamente DA SOLA!!).
Nell’altro blog, quello dove parlo di lavoro, quello di cui forse non avevo mai raccontato, trovi altri video, quelli che professionalmente mi hanno conquistata e che ho voluto condividere, li trovi qui.
Tutte le foto ufficiali invece puoi ammirarle su flickr.
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